“Uniti al mistero di Gesù nel deserto”

(Commento al Vangelo di don Gianni Carozza)

La Quaresima che abbiamo iniziato ci ricorda innanzitutto il mistero di Cristo nel deserto. Scrive infatti il Catechismo della Chiesa cattolica: «La Chiesa ogni anno si unisce al Mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima» (CCC 540). Ora, la parola “deserto”, nella continuità e discontinuità con l’Antico Testamento, è evocatrice di luogo privilegiato e d’un tempo provvidenziale, d’un evento biblico: l’esodo e la liberazione-salvezza per 40 anni, l’Assoluto di Dio nelle prove e le necessità vitali, la nascita del popolo e la presa di coscienza della sua vocazione, la pasqua, la Terra promessa, la fecondità…

Anche Gesù, per quaranta giorni nel deserto, vive un’esperienza di pienezza divina. E come Israele, anche lui è provato durante questo periodo. Il diavolo, da parte sua, come in un ultimo assalto, cerca di mettercela tutta e attraverso tre tentazioni (numero che indica enfasi ed intensità!) lo mette alla prova. Queste tre tentazioni sono dunque il “condensato” delle prove affrontate da Gesù; esse – si può legittimamente affermare – rappresentano allora “ogni genere di tentazione”. Vediamole in dettaglio.

Prima tentazione: cambiare una pietra in pane, basterebbe una sola pietra diventata pane a saziare la fame. La risposta di Gesù è breve: “l’uomo non vivrà di solo pane”. Gesù vuole vivere la sua realtà filiale come uomo che accetta la sua esistenza da Dio, che non pretende di esistere da se stesso.

Seconda tentazione: il diavolo scimmiotta le parole che Dio rivolge al re (messianico) appena diventato figlio suo: “Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” (cf. Sal 2). Il diavolo personifica l’irrefrenabile sete di potere insita nell’uomo, soprattutto nei “grandi” di questo mondo. Ma Gesù risponde recitando parte dello Shema’ (Dt 6,13), la preghiera che il giudeo recitava tre volte al giorno; e così il Messia solidarizza con coloro che riconoscono la loro dipendenza da Dio solo.

Terza tentazione: ambientata a Gerusalemme, la Città santa, rappresenta il culmine delle tentazioni. Non a caso, nell’ultimo assalto, il diavolo si serve di una parola della Scrittura (Sal 90) che proclami la fiducia dell’uomo giusto nella protezione divina. È una tentazione molto sottile, perché è in gioco il rapporto filiale di Gesù, la sua relazione personale con il Padre. La risposta di Gesù («È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”») mostra la sua piena fiducia filiale in Dio nell’obbedienza quotidiana, come uomo che non aspetta privilegi sociali e interventi straordinari, ma accetta la volontà di Dio fino in fondo.

La Quaresima si apre così davanti a noi come tempo privilegiato per sperimentare questa Signoria di Dio. La conversione che ci è richiesta non è compiere atti meritori, non è neanche migliorarsi, ma è accettare l’azione di Dio aderendo vitalmente alla buona notizia che è Gesù. Scrive Andrè Louf che questo è possibile «perché Gesù, attraversando le tentazioni, vi ha deposto un seme per noi, un seme della sua forza, un seme del suo no alle vie di morte mascherate con le lusinghe del mondo, un seme del suo sì al Padre, sì a un amore fino all’estremo...».

Gianni Carozza

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