pioggia ombrelli

Pioggia a dirotto, ragazzi fradici, prof in lavanderia per far asciugare i loro pantaloni

Ciò che, allo stato attuale, nessun concorso per docenti è in grado di valutare è la capacità di esserci davvero.
Non nei test, non nei titoli, ma nei gesti. Quelli che non fanno rumore, che non chiedono applausi, ma che cambiano le giornate — e qualche volta anche le vite. C’è chi fa l’insegnante per mestiere e c’è chi a questo aggiunge il quid della vocazione, ovvero quella spinta silenziosa e profonda che li fa andare oltre e li porta a prendersi cura dei ragazzi anche quando non lo richiede il programma, ma il cuore.

È accaduto recentemente in una scuola della costa dei trabocchi, durante una giornata segnata da un violento temporale. In una settimana di maggio diversi studenti, sorpresi dalla pioggia nel momento in cui dovevano entrare in classe, erano arrivati in classe con i pantaloni zuppi nonostante l’ombrello. Una loro docente approfittando dell’ora libera, ha chiesto ai ragazzi i di togliersi i pantaloni bagnati e ha distribuito loro dei sacchi di plastica, giusto per coprirsi per il tempo che andasse in lavanderia a far asciugare i pantaloni. Ha proibito a tutti di fare foto e video.

Poi, con un’altra busta di plastica con 20 paia di jeans fradici, è corsa in una lavanderia industriale, approfittando della sua ora libera. Li ha fatti asciugare per riportarli ai ragazzi asciutti e profumati prima che finisse la giornata scolastica.

Questa non è solo una storia di pantaloni bagnati, ma di mani che si allungano per asciugare, accogliere, proteggere. Piccolo grande gesto di una insegnante che sceglie ogni giorno di fare del suo lavoro qualcosa che può fare la differenza, e che vivono la scuola come una missione e non solo come un orario da timbrare — ha fatto qualcosa che nessuno si aspettava.

In un mondo in cui spesso si parla di scuola solo per ciò che non funziona, episodi come questi ricordano quanto può essere grande l’anima di chi insegna. Non solo nella didattica, ma nella presenza umana. Non solo con i libri, ma con il cuore.

La docente in questione non ha voluto visibilità. Ma questo gesto racconta molto più di mille parole. Mostra che fare il proprio lavoro con cura e dedizione è un atto di amore. È questo che significa essere insegnanti: prendersi cura dei ragazzi anche nei dettagli che sembrano piccoli, ma che restano nella memoria di chi li riceve.

Sarebbe bello raccontare più spesso le storie dei docenti che vivono la scuola con passione soprattutto per creare un circolo virtuoso di una buona scuola. E forse, raccontando di più questi esempi, potremmo ridare fiducia (anche da parte dei genitori a una professione che non è “solo un lavoro”, ma una doppia vocazione: sapere e umanità.

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