Perdere la propria vita
(Commento al Vangelo di don Giovanni Boezzi)
Domenica scorsa il suo grido, che veniva dal cuore: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E la risposta non si fa attendere: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa».
Oggi è lo stesso Pietro a prendere ancora la parola. E lo fa, dobbiamo riconoscerlo, con un certo tatto, dopo aver preso Gesù in disparte per rimproverarlo, non davanti a tutti. Il Maestro ha appena annunciato quale sarà la sua strada: dovrà soffrire molto perché sarà giudicato e condannato a una morte crudele e infamante sulla croce.
No, Pietro non può accettare una cosa simile. È contro i suoi sogni, le sue speranze, la sua rappresentazione del futuro. «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Anche in questo caso Gesù reagisce, con prontezza: «Va’ dietro a me, Satana!». Ma è possibile che lo stesso uomo, in così poco tempo, sia capace del meglio e del peggio?
Che, accogliendo l’ispirazione di Dio, dia prova di un’intelligenza sorprendente del mistero di Gesù e che, poco dopo, cedendo al suo desiderio di prestigio e di potere, testimoni un’incomprensione totale dell’itinerario insolito di Gesù? Questa è la prova che l’abbassamento del Figlio di Dio fino alla croce resta uno scandalo inammissibile per chi resiste allo Spirito. La croce è la pietra d’inciampo, lo scoglio su cui vanno a incagliarsi tutti quelli che non accettano di «perdere la propria vita per Cristo».
In effetti il comportamento normale è quello di difendere la propria vita, la propria tranquillità. Con tutte le forze l’essere umano cerca di preservare se stesso, accordandosi nutrimento, riposo e tutte le cure necessarie, difendendosi da ogni aggressione che attenta alla sua incolumità. Gesù mette in guardia da una ricerca della salvezza che alla fine ottiene esattamente il contrario di quello che sperava. E tuttavia dobbiamo riconoscerlo: il passaggio attraverso la croce ci fa paura. Che cosa c’è di più normale?
Essa evoca la rinuncia e il sacrificio, come se fosse solo portatrice di morte. E invece è proprio il contrario. La croce è il Vangelo che diventa realtà nella nostra esistenza, è il prezzo della nostra solidarietà, è il quotidiano vissuto in tutto il suo spessore, con amore. La croce non soffoca la vita. Al contrario toglie gli ostacoli per aprire un passaggio dentro di noi e condurci fino alle rive di Dio.
Per quanto paradossale, il legno del patibolo, bagnato di sudore e di sangue, diventa l’albero della vita, una vita più forte di qualsiasi violenza, di qualsiasi sopruso, di qualsiasi ingiustizia. Una vita che non viene meno e a cui si può attingere come a una sorgente inesauribile.