Paura e fiducia
Commento al Vangelo di Matteo 10, 26-33 di Don Giovanni Boezzi
Il brano evangelico odierno è tratto dal mandato missionario di cui abbiamo letto l’inizio nel vangelo di domenica scorsa. Dopo le istruzioni su cosa e come fare, viene introdotto da Gesù, in un crescendo, il tema del rifiuto e della persecuzione:
- Viene citata la possibilità della mancata accoglienza dei discepoli e del mancato ascolto delle loro parole.
- Viene usato il verbo “consegnare” che, sebbene sia un verbo moralmente neutro, nei vangeli assume sempre quasi il significato di “portare davanti a un giudice” o “tradire”.
- Si parla esplicitamente di intenti omicidi.
- Troviamo anche il tema della persecuzione. È facile vedere come nel mandato ai discepoli Gesù non ne nasconda i rischi e le difficoltà.
Gesù mette in guardia i suoi discepoli dalla paura perché sa che, prima o poi, arriverà il momento della prova. E allora, in quel momento, essi rischieranno di lasciarsi afferrare dall’angoscia, potranno ritenersi abbandonati, in balìa degli eventi.
Sì, la paura è un autentico pericolo per il discepolo. Paura di essere lasciato solo proprio quando avrebbe bisogno di qualcuno che lo rincuora e lo sostiene. Paura di non poter contare sull’approvazione della maggioranza, o almeno dei vicini, dei colleghi, degli amici, dei familiari.
Paura di non ricevere solidarietà proprio al momento giusto, quando si è più esposti alle critiche, alle calunnie, alle minacce. La paura gioca brutti scherzi, induce all’omertà, al compromesso.
Spinge ad evitare attriti, frizioni, conflitti di ogni genere per evitare ritorsioni. Porta ad abbassare la voce, a non far udire le proprie denunce in modo chiaro e deciso.
E a condurre una predicazione del Vangelo che consuma già il tradimento perché lo annacqua al punto di fargli perdere ogni sapore. Il contrario della paura è la fiducia. Non è un rimedio magico.
Non trasforma i discepoli in leoni, ma fa loro percepire la presenza, la vicinanza di Dio. È fiducia nella bontà di quel messaggio che ci è stato affidato e che costituisce la risposta migliore a tutte le attese.
È fiducia in colui che ci manda e non ci lascia in mezzo alle difficoltà, ma continua a rimanerci vicino. È fiducia nel progetto per il quale lavoriamo, che non è un sogno o un’illusione per i deboli e gli incapaci.
E ha una forza inspiegabile, che viene da Dio. Questa fiducia è capace di trasformare la nostra esistenza anche nel tempo della prova. Rimaniamo nell’oscurità, ma scopriamo la sua luce che ci rischiara.
Conosciamo la nostra debolezza, ma scopriamo la forza che viene da lui. Sentiamo disorientamento, ma proviamo quella pace che solo lui può donarci.