Passione, per l’umanità in passione

(Commento al Vangelo di don Pieralbert D’Alessandro)

Nella liturgia cattolica questa è sicuramente una delle domeniche più sentite e partecipate dai fedeli che si riconoscono nella fede cristiana. E’, infatti, la domenica delle Palme, o più propriamente Domenica della Passione del Signore.

Gesù è arrivato a Gerusalemme. Il viaggio si è concluso. La nostra processione odierna vuole essere l’immagine del fatto che, insieme con Gesù, c’incamminiamo per il pellegrinaggio verso il Dio vivente. È il cammino a cui Gesù ci invita. Noi andiamo in pellegrinaggio con il Signore verso l’alto. Siamo in ricerca della verità, cerchiamo il volto del Padre, almeno lo si spera!

Il racconto della Passione di Gesù è il tesoro più prezioso che la Chiesa possieda, che conserva e venera con la più grande cura. Già i Padri della Chiesa si chiedevano: “Perché questo sangue è stato versato?”.

E’ il più grande mistero d’amore della storia! Di fronte alla Croce di Cristo, l’uomo è messo di fronte al mistero di un Dio.
Per l’evangelista Luca l‘ingresso di Gesù in Gerusalemme apre l’ultimo capitolo della vita del Signore visto come compimento delle promesse profetiche e delle attese messianiche, legate non ai successi momentanei della dinastia davidica, ma alla figura del servo fedele di Dio.

Quella mattina, a Gerusalemme, c’era aria di festa: tutti acclamavano il profeta di Nazareth. «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». Passarono pochi giorni e l’aria cambiò a Gerusalemme. Altre acclamazioni, altre grida si levarono alla vigilia della Pasqua: «Crocifiggilo»!

Sono le due grandi scene che la liturgia di oggi ci presenta: la prima di gioia, l’altra di dolore. Prima i rami d’ulivo, i mantelli stesi a terra a mo’ di tappeti, l’Osanna al Figlio di Davide e poi … la condanna. Nel passio secondo Matteo meditiamo tutto questo.

Gesù è entrato consapevolmente a Gerusalemme sapendo che vi sarebbe andato a morire. Egli è stato fedele alla sua missione fino in fondo: anche quando ha subito l’ingiustizia ed è stato zitto di fronte alla condanna senza appello. La sua passione è stata sì una terribile trama ordita dai suoi nemici e causata dai nostri peccati, ma innanzitutto è stata risposta generosa a un disegno divino, una manifestazione palese dell’amore misericordioso del Padre, una docile accettazione da parte di Cristo Gesù.

La spiegazione di tutto il mistero della sofferenza del Dio fatto uomo, è stata preannunciata nel testo del profeta Isaia: Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso”.

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