Paolo De Giosa: “Gli occhi sono lo specchio dell’anima”
Paolo De Giosa: “Gli occhi sono lo specchio dell’anima”
Storie di vita
L’arte nasce dalle emozioni del suo autore che è in grado di suscitare delle nuove sensazioni in chi si imbatte in quell’opera che poi diventa un patrimonio dell’umanità. In tutto questo c’è sempre qualcosa di inspiegabile e meraviglioso che trascende il tempo, lo spazio e la persona stessa che la pone in essere.
A San Salvo abita uno di questi artisti capace di produrre delle opere pittoriche che hanno qualcosa di unico e irripetibile. Paolo De Giosa, nato nel 1977 e originario di Gallipoli (Le), è un pittore espressionista figurativo che dipinge anche su vecchi giornali degli anni ‘50.
Come e quando nasce la tua arte?
All’età di dodici/tredici anni disegnavo volti di donne ipotetiche (mai ritratti) e con tutti i dettagli anatomici su ogni tipo di supporto. Utilizzavo solo matita o penna. Anche se mi piaceva tantissimo per diversi anni ho abbandonato completamente il disegno. Nel 2011, all’età di trentaquattro anni, ho ricominciato a disegnare e mi sono anche avvicinato all’olio su tela. Ho visitato tante mostre e in ognuna ho appreso qualcosa che ha contribuito a formare quello che è il mio stile attuale. Ho imparato tutto da autodidatta e in alcune occasioni ho chiesto dei consigli a degli amici pittori. All’inizio ho fatto una mostra di quadri in cui ho raffigurato volti noti del cinema. Ma ho abbandonato subito questa tipologia di soggetti soprattutto perché mi associavano a un pittore realista e questa definizione mi stava davvero stretta. Voglio rappresentare l’indefinito, delle sensazioni profonde, i volti che fanno volare l’anima nell’immaginario. Attualmente lavoro su due tecniche fondamentali: l’utilizzo di giornali o pagine di libri logorati dal tempo e “le assenze” con i quali rappresento dei volti che hanno una parte del corpo che sfugge.
Dipingi avendo prima in mente quello che vuoi realizzare o ti lasci semplicemente guidare dalla mano in itinere?
Dipingo con il sottofondo delle musiche di autori sullo stile come De Andrè e Battiato e avendo sempre in mente cosa andrò a realizzare. Le mani seguono e servono semplicemente la mente.
A proposito delle tue ultime tecniche che stanno conquistando i critici d’arte e anche delle importanti figure istituzionali, perché la scelta dell’utilizzo di giornali vecchi?
Son sempre stato un appassionato di letteratura e poesie, tant’è che ho anche scritto un libro di poesie “Succederà in un giorno incolore” edito da”Aletti”. La lettura di un libro è anche la mia migliore fonte d’ispirazione. Leggo delle parole che identificano una donna e cerco di dare un’identità figurativa a quel volto. Mio padre aveva l’abitudine di conservare dei vecchi libri. Ho sempre amato la tattilità e quel lieve effetto di trasparenza della carta stampata logorata dal tempo. In una delle mie opere più recenti, “Altri sud” ho utilizzato le pagine di un vecchio libro dell’ ‘800 che si intitolava “La vita di Maometto” (titolo che si intravede nel quadro) per raffigurarci il volto di una donna che indossava un niqab da cui fuoriuscivano dei profondi occhi azzurri. Questo quadro l’ho rappresentato pensando che una volta il mondo dell’Islam era lontano da noi oggi, invece, nel bene e nel male, è sempre più vicino. Volevo dare un messaggio di speranza sulla convivenza pacifica tra gli occidentali e gli islamici.
I tuoi quadri rappresentano in qualche modo l’essenza della figura femminile. Le donne della tua vita hanno in qualche modo influenzato la tua arte?
Forse indirettamente sì. Ma non ho fatto loro mai dei ritratti. Nei miei ultimi quadri ci sono degli elementi che ricordano dei particolari dei tratti di mia moglie e della serenità che riesce a trasmettermi. Nella tecnica delle “assenze” c’è una parte del corpo che sfugge e che d’à l’idea dell’assenza. Spesso scelgo di “sfumare” un occhio proprio perché in fondo come si suol dire “gli occhi sono lo specchio dell’anima”. L’universo femminile è molto vario e proprio per questo affascinante e ricco di spunti in positivo e in negativo.
Da http://www.paolodegiosa.it/index.html
Paolo De Giosa, nato a Milano nel 1977, è pittore espressionista figurativo, grafico pubblicitario, diplomato in disegno industriale. De Giosa espone rivisitazioni di volti femminili in grandi e medi formati. Colori accesi e vibranti, ambientazioni decadenti, permettono di inserire le sue opere all’ interno di un panorama pittorico identificabile come “renaissance”. Le figure impresse in olio su tela, raccontano di se nei segni distintivi dell’abbandono figurativo, nei cromatismi richiamanti temi tardo-rinascimentali in ambientazioni “Noir”. L’impianto tecnico delle superfici e del tratto si completa nei perimetri disegnati, nel realismo proteso al figurativo, nella fluidità dei colori, nel peso vibrante dei vuoti delle apparenti “Assenze”. De Giosa ama esprimersi in una profonda eleganza dai temi nostalgici e ridondanti di passione mistica con uno sguardo al passato in un silenzio cromatico che affonda le radici nelle note “classiche” del dipingere. Ha esposto nelle principali capitali dell’arte nazionali ed internazionali quali Londra, Roma, Milano, Genova, Teatro Nuovo di Ferrara, Caffè storico letterario “Le Giubbe Rosse” Firenze, Museo B.Cascella Pescara, Vasto, e Avellino, collezionando vari premi e riconoscimenti. Vincitore 1° premio alla collettiva internazionale “The Artist” a Roma, presso Coronary 111 nel mese di maggio 2014. Vincitore 1° premio al concorso artistico internazionale “ONIRICORD” (teatro Nuovo) di Ferrara ad ottobre 2015. Finalista premio internazionale “Michelangelo Buonarroti” Seravezza, 2016. Collabora con varie gallerie e case editrici sul territorio nazionale, prestando immagini delle sue opere per libri, riviste e periodici del settore