Padre Vallerico: “48 anni di sacerdozio, uno più bello dell’altro”
“Dal 17 giugno 1972 al 17 2020: 48 anni di sacerdozio, uno più bello dell’altro. Una preghiera per la fedeltà a questo grande dono. P. Vallerico Leone T.O.R.”
SAN SALVO. Uno dei tantissimi figli di San Salvo, che svolge un servizio di benevolenza, portando sempre con sé l’amore e l’impronta delle sue origini è padre Vallerico Leone. Primo di quattro figli, nato a San Salvo il 2 luglio del 1947 e divenuto “cittadino del mondo” da quando aveva solo 11 anni. Di seguito l’intervista.
Quali erano i suoi sogni da bambino e quando e come è arrivato il desiderio di consacrarsi a Dio?
Da bambino, immaginavo di seguire le orme di mio padre che era falegname. Appena tornavo da scuola, mi affascinavano tutte le attrezzature della falegnameria. Dopo l’esame di ammissione alla prima media, siccome sarei dovuto andare a Vasto per continuare gli studi, per non fare avanti e indietro seguii un gruppo di amici che stavano entrando nel collegio di Francavilla D’Ete nelle Marche. Ne eravamo una cinquantina! Il collegio era retto da dei frati francescani. Qui ebbe modo di crescere, quel seme che si era innestato in me, quando facevo il chierichetto per don Cirillo: mi affascinava il momento in cui innalzava l’ostia. Poi è stato un amore verso Dio che è cresciuto piano piano. A venti anni feci la professione solenne da frate che prescindeva dal sacerdozio. Proseguii con gli studi teologici, gli ultimi due furono di specializzazione in pastorale per lavorare in parrocchia. Mi ero detto che dovevo e volevo essere uno che sta in mezzo alla gente, soprattutto nel momento del bisogno. A 25 anni, il 27 giugno del 1972 fui ordinato sacerdote a Roma.
Cosa ricorda dei suoi primi giorni da parroco?
Una volta, prima di affidarti una parrocchia ti facevano fare diverse esperienze in luoghi diversi. Ho girato un sacco, ogni luogo e tutte le persone che ho incontrato, mi hanno fatto crescere. Ho sempre vissuto ogni cambiamento come un incredibile fonte di arricchimento umano e spirituale, perché amo mettermi in ascolto di chi incontro. Proprio per questo ho girato un po’ il mondo, non per turismo ma per conoscere uomini e donne che vivevano in contesti e mentalità diverse dalla mia. Ricordo che quando dovevo fare la mia prima omelia, ero un po’ timoroso e mi ero preparato un discorso che si può dire che era scolastico. Poi col tempo proprio cercando di non fossilizzarmi in me stesso e incontrando tanta gente, ho appreso che la parola è un qualcosa che si incarna nella vita della gente, nei momenti gioiosi, come in quelli della disgrazia.
C’è qualcosa che le pesa del sacerdozio?
Assolutamente niente, innanzitutto perché non mi sento mai solo e so che Dio mi è sempre accanto, anche nelle difficoltà che incontro. C’è una parola che mi accompagna e che si ripete in diversi passi della bibbia, “Non temere, io sarò sempre con te, ti starò sempre vicino”. Più volte, ho avuto modo di sperimentare questa vicinanza nella mia vita. Inoltre, come frate francescano, vivo la fraternità nel senso più profondo e più bello all’interno della mia comunità e questo mi aiuta tantissimo nella mia vita.
Qual è il servizio che più ama del sacerdozio?
Di sicuro la confessione! Vedi la grazia che Dio può compiere in una persona ridandole pace. Ebbi un’esperienza molto forte in tal senso, subito dopo che fui ordinato sacerdote a Lourdes. Venne a confessarsi da me un uomo che non si confessava da diversi anni, aveva un trascorso di vita molto complicato. lo non feci altro che ascoltarlo, senza pregiudizio e con molta umanità. Quell’uomo usci da quella confessione rinato, con un volto sereno. Lì mi sono accorto che è Dio che agisce e usa misericordia attraverso questo sacramento.
Cosa cerca di trasmettere agli altri e quanto è importante l’annuncio?
Che Dio è amore. lo sono un uomo di poche parole, ma cerco di trasmettere serenità in un mondo che è sempre di corsa. Per fare questo ho anche bisogno di stare molto in preghiera. Gesù stesso ce lo ha insegnato: Lui andava a predicare, ma poi si ritirava sempre in preghiera. L’annuncio è innanzitutto testimonianza di vita vissuta nella fraternità. Da come ci amiamo, gli altri vedono la misericordia di Dio. Gesù inviava i suoi a due a due. Sempre in quel fatidico viaggio a Lourdes, dei miei primi anni di sacerdozio, c’era un giovane molto scettico, che vedendo l’amore con cui dei suoi coetanei si prendevano cura di persone sulla carrozzella, si mise a fare lo stesso.
