Oggi festa di Ognissanti: il giorno della chiamata alla santità
Santa Madre Chiesa celebra oggi la solennità di Ognissanti, il giorno a cui tutti dobbiamo tendere: la santità. La parola santità può sembrare che identifica un mondo lontano dal nostro essere e dalla nostra vita invece corrisponde a una chiamata. La scelta di vivere alla luce del vangelo ha una corrispondenza biunivoca con un grande desiderio “Voglio diventare santo/a” perchè questo significa che un giorno potrò vivere al cospetto Dio, l’Alfa e l’Omega della mia vita, mia roccia e mia salvezza.
Per la Chiesa cattolica tutti i battezzati sono santi, ossia santificati, e lo sono proprio per il fatto di aver ricevuto il battesimo, sacramento che li fa diventare figli di Dio e membri della Chiesa. Non per niente san Paolo, quando scrive agli efesini, si rivolge loro come “ai santi che sono in Efeso”, e la Chiesa ancora oggi è definita anche la “Comunione dei santi”, ovvero la comunità che riunisce tutti i battezzati, vivi e defunti. È la cosiddetta “chiamata universale alla Santità”.
Spesso le storie di questi santi sono molto avvincenti. La conoscenza (soprattutto per i bambini e i giovani) di come hanno vissuto quelle persone che poi sono state canonizzate come San Francesco, San Pio, Beato Papa Giovanni Paolo II, i beati coniugiBeltrami-Quattrocchi, Madre Teresa di Calcutta ecc. rappresenta un attraente messaggio cristiano ed un invito a: vivere con e per amore, diventare ‘sale’ che dà sapore ai luoghi dove ognuno vive.
Gli effetti della presenza di questo importante ‘alimento’ sono: la pace, la comunione fraterna, la professionalità, il rispetto profondo per ogni persona con cui si entra in contatto.
Il giorno di Ognissanti, festività cristiana e civile, celebra la gloria e l’onore di tutti i Santi canonizzati e non ed è popolarmente considerato l‘onomastico delle persone il cui nome non compare nel calendario cristiano. Il calendario pre-conciliare prevedeva anche una veglia e un’ottava.
Formalmente una causa di beatificazione viene aperta dopo almeno cinque anni dalla morte. È il vescovo diocesano che, ottenuto il ‘nulla osta’ dalla Congregazione delle cause dei santi, apre il processo del servo di Dio. Le conclusioni sono trasmesse alla Congregazione vaticana. Poi occorre un miracolo per la proclamazione della santità di quella persona.
Qual è la procedura per diventare santi?
TRIBUNALE (AL CONTRARIO). La congregazione (cioè il ministero) che per il Vaticano si occupa della questione è quella detta “per le cause dei santi”, la cui sede è in un palazzo a pochi metri da piazza San Pietro: si chiama così perché, proprio come un tribunale, ha il compito di istruire le cause che possono portare a proclamare la santità di una persona.
Per procedere nella causa occorre prima di tutto che il candidato sia morto, poi che qualcuno proponga di aprire il processo e che il vescovo della Chiesa locale, là dove il candidato ha trascorso la vita e ha operato, accolga questa richiesta. La primissima parte del processo si svolge in effetti in ambito locale: si raccolgono documenti e testimonianze, si ricostruiscono i fatti. Se l’insieme di questi dati è ritenuto idoneo, il tutto viene trasmesso al Vaticano.
AVVOCATO DEL DIAVOLO. Come in tutti i processi, anche in questo caso ci sono un’accusa e una difesa. L’avvocato difensore, se vogliamo usare questo termine, è il cosiddetto postulatore (colui che chiede qualcosa con insistenza), incaricato di dimostrare la santità del candidato. La “pubblica accusa”, incaricata di fare le pulci a testimonianze e documenti, è invece rappresentata dal promotore di giustizia (un tempo conosciuto come “l’avvocato del diavolo”).
In genere sono entrambi sacerdoti, il primo nominato da chi ha fatto la proposta di istruire la causa, il secondo in servizio presso la congregazione.
SERVO, VENERABILE, BEATO. Ma la santità è solo l’ultimo gradino di una scala che ne prevede altri tre. Il candidato, per diventare ufficialmente santo, deve essere prima riconosciuto servo di Dio, poi venerabile e poi beato. È definito servo di Dio dal momento in cui viene aperto il processo e in attesa che si verifichi un miracolo attribuibile al suo intervento. Se, dopo questa prima fase, il processo continua, il Papa può attribuire al servo di Dio la qualifica di venerabile: succede quando al candidato viene riconosciuto di aver vissuto le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) e le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) in modo eroico (si usa proprio questa espressione), o quando si riconosce che il candidato ha perso la vita da martire a difesa della fede.