Neanche io ti condanno
In dialogo con i fratelli e sorelle separati, divorziati, e divorziati risposati
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
Carissimi, la volta scorsa abbiamo parlato della misericordia che è più grande del pregiudizio. Per continuare a capire ciò vorrei proporvi il Vangelo della donna adultera presa in flagrante adulterio, sentiamo cosa ci dice Giovanni 8, 1-11: « 1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Neanch’io ti condanno, dice Gesù alla donna sorpresa in adulterio. Questo splendido racconto ci porta al cuore del messaggio di Gesù, il Figlio che non giudica nessuno e che per questo sarà giudicato. L’imputato vero non è la donna, ma Gesù; l’adultera è solo l’esca per trovare un motivo di condanna contro di lui. La sorte della donna toccherà a lui: se lei deve essere lapidata per il suo peccato di adulterio, alla fine tenteranno di lapidare lui per il suo peccato di bestemmia.
Il racconto dice, bene ed in breve, ciò che conosciamo più di caratteristico dell’atteggiamento di Gesù verso i peccatori. Egli è amico di pubblicani e peccatori (cf. Lc 7,34). Accusato di bestemmia perché perdona i peccati, accoglie una peccatrice e mostra al fariseo Simone che l’importante non è essere giusti, ma amare di più; e amerà di più colui al quale è stato perdonato di più (cf. Lc 7,47). Dato che siamo peccatori, il nostro peccato non è da nascondere, ma da scoprire come luogo di perdono e di conoscenza più profonda di sé e di Dio.
In questo brano emerge il conflitto centrale nella vita di Gesù, tra i custodi della legge, che giustamente denunciano il male, e colui che dà la legge, il Padre, che necessariamente perdona.
Il tema del perdono dei peccati, fondamentale nella Bibbia, raggiunge in Gesù la sua espressione piena. Normalmente pensiamo che Dio perdoni perché noi siamo pentiti. In realtà noi ci possiamo pentire perché Dio ci perdona sempre e comunque. Egli non si volge a noi perché noi ci siamo rivolti a lui: egli è da sempre rivolto a noi, perché noi possiamo volgerci a lui. Effettivamente è lui che «si pente» e sente il dolore del nostro male, perché ci ama. La croce di Gesù, che ormai si va profilando all’orizzonte, è il «pentimento» e la pena di Dio per il male del mondo. Il suo giudizio sarà l’essere giustiziato per giustificare gli ingiusti.
Il racconto si incastona bene in questo punto del Vangelo: è un interludio, delicato e drammatico, nel quale risuonano i temi di cui si sta parlando, visualizzati in modo indelebile. Gesù perdona il peccatore: per questo è condannato da chi si attiene alla legge. Il suo perdono gli costerà caro: sarà ucciso, lui innocente, per salvare dalla morte il colpevole. E chi è senza colpe, anche tra coloro che si ritengono giusti?
Questo racconto ci fa entrare, in modo semplice e immediato, nel mistero di un Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cf. 3,16), perché chiunque ha sete venga a lui e ottenga l’acqua viva. Quest’acqua, purificatrice e vivificante, promessa da Ez 47,1ss e Zc 13,1, è il suo amore che si manifesta pienamente nel perdono, neppure nominato nel testo, tanto è ovvio e discreto. In esso noi conosciamo chi è il Signore: è colui che apre le nostre tombe, ci risuscita dai nostri sepolcri e ci dona il suo Spirito.