Le nostre mani come un trono per ricevere il Corpo di Gesù
Oggi quando si va a ricevere il Corpo di Gesù si usa l’espressione “Vado a prendere la comunione”. Una volta le nostre mamme più spesso usavano dire “Vado a fare la comunione”. Due verbi semplicissimi che delineano quasi un abisso! E quanto è più bello dire “Vado a fare la comunione“. Non qualcosa che vado a prendere per tenermela per me ma come un agire, un fare del proprio meglio per costruire insieme agli altri la “comunione” (la Treccani definisce la definisce: “L’esser comune a più persone, comunanza”)
Se ci pensiamo anche a ciò che avviene fisicamente nel momento in cui andiamo a prendere l’ostia, esso è contemporaneamente un momento/appuntamento comunitario (con ordine, “andiamo insieme”, uno dopo l’altro), e intimo (dal momento in cui viene consacrato cominciamo a desiderare di ricevere Gesù dentro di noi e nel momento in cui lo riceviamo possiamo confidarGli tutta la nostra personale gratitudine per questa immensa grazia, affidarGli le nostre confidenze, timori, preghiere, gioie…) con il Cielo.
E se con fede cresciamo in questa consapevolezza, quando ci alziamo dai nostri banchi e ci accostiamo a ricevere sulle nostre mani il Corpo di Gesù, non possiamo non metterci in un atteggiamento del cuore di preghiera e far divenire le nostre mani, anch’esse frutto della genialità di Dio (se ci fermiamo un attimo a pensare a se non l’avessimo quante cose ci potrebbero essere precluse), come un trono, in cui, il palmo della mano sinistra lo schienale e le sue dita la seduta mentre la mano destra serve prima ad innalzare il “trono” e poi ad accostarLo dentro di noi e nel nostro cuore per avere una piccola possibilità di lasciarci plasmare dal Nostro “Tutto”, e fare insieme a Lui, della nostra vita qualcosa di incredibilmente bello.