“La storia tra un uomo e una donna è ricamata da Dio con fili d’amore”
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
Il Signore vi assista e vi conceda la sua misericordia e la sua pace.
(Tobia 7,6-14)
Carissimi, ai nostri orecchi appare davvero un po’ strana questa “domanda di matrimonio”: Tobia chiede Sara in moglie al futuro suocero, non solo scongiurandolo, ma quasi ricattandolo: “Non mangerò affatto né berrò…” (v. 12), cioè non ti permetterò di eseguire i tuoi doveri di ospitalità verso un lontano parente che viene da un lungo viaggio.
Suona strano, dicevamo, perché ai nostri orecchi “laici” e postmoderni uno appartiene solo a sé stesso, e dunque Tobia avrebbe dovuto contare solo sul sì di Sara. Ma in fondo sbagliamo, non solo perché i costumi e le usanze contestuali al libro di Tobia sono patriarcali e assai diversi dai nostri; ma sbagliamo anche per un altro motivo, per così dire antropologico e psicologico: nessuno può presumere di appartenere solo a sé stesso!
Forse l’angelo ha qualcosa da dire anche a noi: nell’incontro tra un uomo (Tobia) e una donna (Sara) si incontrano due storie e due attese. Due storie, fossero anche, quanto alle famiglie di origine, dello stesso paese e vicine di casa, i due che si uniscono in matrimonio rappresentano quelle che oggi la letteratura psicologica chiama due stirpi.
Essi appartengono a due generazioni familiari, due modi di vedere il mondo, due abitudini, due significati codificati e spesso dati per scontati. C’è un disegno nell’incontro di queste due storie, c’è un progetto nell’incontro di queste due diverse generazioni. Non nel senso banale e meccanicistico che Dio vi ha fatti incontrare, ma nel senso che le vostre due attese, lungo le vie e le tappe del vostro volervi bene, sono ricamate da Dio con i fili delle vostre scelte.
Quando due giungono a dirsi di sì, sperimentano che “non hanno fatto tutto loro”, ma un ricamo d’amore li ha guidati. Nessuno dei viventi, tranne l’uomo, è stato creato “ad immagine e somiglianza di Dio”. La paternità e la maternità umane, pur essendo “biologicamente simili” a quelle di altri essere in natura, hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una “somiglianza” con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell’amore.
Alla luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere come “il modello originario della famiglia vada ricercato in Dio stesso”, nel mistero trinitario della sua vita. Il “Noi” divino costituisce il modello eterno del “noi” umano, di quel “noi” innanzi tutto che è formato dall’uomo e dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina.