La famiglia, volto di una grande casa
«Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7)
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
L’amore tutto copre. Detto così, a prima vista questa affermazione farebbe capire che l’amore è disposto a scusare tutto, e a giustificare o coprire di oblio, quasi ad ignorare le responsabilità degli altri. Il verbo greco, stego, parla di una copertura che fa pensare a quella di una casa (come in Mc 2,4) o di un rifugio. Riferito a Dio, lascia intravedere la sua volontà di offrire rifugio a chi ricorre con fiducia a lui. II Salmo 91 (90) prega così: “(L’Altissimo) ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte” (v. 4-5).
Nella condotta cristiana, l’espressione esorta ad offrire protezione, difesa e baluardo per il fratello che dovesse trovarsi in difficoltà o in peccato, senza esporlo alla vergogna o alla disperazione.
«Gli sposi che si amano e si appartengono – scrive papa Francesco – parlano bene l’uno dell’altro, cercano di mostrare il lato buono del coniuge al di là delle sue debolezze e dei suoi errori. In ogni caso, mantengono il silenzio per non danneggiarne l’immagine. Però non è soltanto un gesto esterno, ma deriva da un atteggiamento interiore. E non è neppure l’ingenuità di chi pretende di non vedere le difficoltà e i punti deboli dell’altro, bensì è l’ampiezza dello sguardo di chi colloca quelle debolezze e quegli sbagli nel loro contesto; ricorda che tali difetti sono solo una parte, non sono la totalità dell’essere dell’altro. Un fatto sgradevole nella relazione non è la totalità di quella relazione. Dunque si può accettare con semplicità che tutti siamo una complessa combinazione di luci e ombre. L’altro non è soltanto quello che a me dà fastidio. È molto più di questo. Per la stessa ragione, non pretendo che il suo amore sia perfetto per apprezzarlo. Mi ama come è e come può, con i suoi limiti, ma il fatto che il suo amore sia imperfetto non significa che sia falso o che non sia reale. È reale, ma limitato e terreno. Perciò, se pretendo troppo, in qualche modo me lo farà capire, dal momento che non potrà né accetterà di giocare il ruolo di un essere divino né di stare al servizio di tutte le mie necessità. L’amore convive con l’imperfezione, la scusa, e sa stare in silenzio davanti ai limiti della persona amata» (AL 114).
L’amore tutto crede (ha fiducia). Credere qualcosa (in greco pisteuo con l’accusativo) indica un affidare cose e interessi propri ad un altro perché si ha fiducia in lui, si punta sulle sue capacità, sulla sua volontà di corrispondere all’atto di fiducia. Dio affida alla coppia umana importanti compiti circa il mondo creato da lui: “Siate fecondi e moltiplicatevi, soggiogatela e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra” (Gen 1,28).
Dio crede nell’uomo, perciò lo crea libero, lo lascia in balia del suo volere (cfr. Sir 15,15s; Dt 11,26ss). Stima le sue possibilità, incoraggia il suo cammino, al di là di ogni apparente limite.
Anche Gesù crede nell’uomo. Ha creduto nei 12 che egli stesso ha scelto dopo una notte di preghiera. Conosce i loro cuori e conosce anche le loro debolezze. Per questo li ha messi in guardia: “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi Fratelli” (Lc 22, 31-32). Ha creduto anche a Giuda: non era inevitabile il suo tradimento…
La carità, virtù cristiana effusa da Dio nei nostri cuori, imita e riflette questo aspetto dell’amore divino: sa dare e infondere fiducia nei fratelli e nei propri simili. Questo modo di essere promuove una gara nello stimarsi vicendevolmente (cf. Rom 12,10), attiva la ricerca del bene tra noi e con tutti (cfr. 1Ts 5,15), tenendo ciò che è buono e positivo (v. 21). “Credere tutto” equivale a far venire fuori capacità reali, promuovere la realizzazione di possibilità e talenti, latenti in ogni essere umano, in attesa di un atto di fiducia per mettersi attivamente in cammino.
«Questa fiducia – scrive papa Francesco – rende possibile una relazione di libertà. Non c’è bisogno di controllare l’altro, di seguire minuziosamente i suoi passi, per evitare che sfugga dalle nostre braccia. L’amore ha fiducia, lascia in libertà, rinuncia a controllare tutto, a possedere, a dominare. Questa libertà, che rende possibili spazi di autonomia, apertura al mondo e nuove esperienze, permette che la relazione si arricchisca e non diventi una endogamia senza orizzonti. In tal modo i coniugi, ritrovandosi, possono vivere la gioia di condividere quello che hanno ricevuto e imparato al di fuori del cerchio familiare. Nello stesso tempo rende possibili la sincerità e la trasparenza, perché quando uno sa che gli altri confidano in lui e ne apprezzano la bontà di fondo, allora si mostra com’è, senza occultamenti. Uno che sa che sospettano sempre di lui, che lo giudicano senza compassione, che non lo amano in modo incondizionato, preferirà mantenere i suoi segreti, nascondere le sue cadute e debolezze, fingersi quello che non è. Viceversa, una famiglia in cui regna una solida e affettuosa fiducia, e dove si torna sempre ad avere fiducia nonostante tutto, permette che emerga la vera identità dei suoi membri e fa sì che spontaneamente si rifiuti l’inganno, la falsità e la menzogna» (AL 115).
L’amore tutto spera. L’amore di Dio non si ferma di fronte al peccato e alle aberrazioni dell’uomo, ma al di là dei fatti presenti, apre prospettive di salvezza e di bene. Il profeta Ezechiele esprime mirabilmente questa “speranza” di Dio che scavalca ogni fatalismo: “Ma se il malvagio si ritrae da tutti i peccati che ha commessi e osserva tutti i miei decreti e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà e non morirà. Nessuna delle colpe che ha commesso sarà ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticata Forse che io ho piacere della morte del malvagio – dice il Signore Dio – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? […] Ha riflettuto, si è allontanato dalle tutte le colpe commesse; egli certo vivrà e non morirà” (18,21-23. 28).
Questa speranza di Dio nel ritorno dell’uomo si esprime nel toccante atteggiamento del padre del figlio prodigo, che ne scorge da lontano la figura: “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20). Se lo vide da lontano, vuol dire che non lo aveva mai dimenticato, mai tolto dal suo cuore o ripudiato. Ma nutriva sempre attese e speranze nel suo ritorno. Ecco perché non aspetta che il figlio arrivi da lui, ma è lui che commosso prende l’iniziativa: corre verso di lui, gli si getta al collo, lo bacia. Viceversa il fratello maggiore non solo si sente estraneo alla festa organizzata per il ritorno di suo fratello, ma preclude ogni speranza nei suoi confronti, perché lo ha già giudicato e condannato.
Gesù stesso spera. Ha gli stessi atteggiamenti e sentimenti del Padre verso l’uomo. E quando utilizza i “guai” per apostrofare l’ipocrisia dei farisei e degli scribi, lo fa sempre sperando la loro conversione.
In riferimento alla coppia, l’amore che tutto spera, in connessione che il “il tutto crede”, «indica la speranza di chi sa che l’altro può cambiare. Spera sempre che sia possibile una maturazione, un sorprendente sbocciare di bellezza, che le potenzialità più nascoste del suo essere germoglino un giorno. Non vuol dire che tutto cambierà in questa vita. Implica accettare che certe cose non accadano come uno le desidera, ma che forse Dio scriva diritto sulle righe storte di quella persona e tragga qualche bene dai mali che essa non riesce a superare in questa terra» (AL 116).
L’amore tutto sopporta. Dei quattro verbi contenuti in questo versetto, il primo e l’ultimo vanno interpretati in maniera conseguenziale. Se “coprire” significa, come si è detto, protezione e difesa del fratello, così “sopportare”, anche sulla base di ciò che dice il verbo greco, hypoméno, va analogamente inteso in relazione ad un atteggiamento positivo di sostegno e di fedeltà. Dire allora che la carità tutto sostiene o sopporta va inteso nel senso positivo di un amore che resta al suo posto in fedeltà e perseveranza, che non cede né a delusioni né a scoraggiamenti.
Papa Francesco interpreta questo “tutto sopporta” anche in riferimento alle contrarietà della vita. Così scrive: «Significa mantenersi saldi nel mezzo di un ambiente ostile. Non consiste soltanto nel tollerare alcune cose moleste, ma in qualcosa di più ampio: una resistenza dinamica e costante, capace di superare qualsiasi sfida. È amore malgrado tutto, anche quando tutto il contesto invita a un’altra cosa. Manifesta una dose di eroismo tenace, di potenza contro qualsiasi corrente negativa, una opzione per il bene che niente può rovesciare» (AL 118).
Concludendo potremmo osservare che i quattro verbi hanno una disposizione che ci fa pensare ad una casa: agli estremi, il tetto e le fondamenta (“copre” e “sostiene”), ai lati i pilastri portanti della fiducia e della speranza. Nella stessa 1 Cor Paolo afferma: “la carità edifica (alla lettera: costruisce la casa, oikodomei)” (8,2), per cui la carità ha realmente il potere di unificare ed edificare tutta la nuova creazione (panta) – e in particolare il matrimonio fondato sul sacramento -, come una grande casa.