La coppia: “In questa casa si cerca di amare Dio”
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
Sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte scriverai: il Signore è il nostro Dio.
(Deuteronomio 6,4-9)
Sugli stipiti della tua casa scrivi: “Il Signore è il nostro Dio” (Dt 6, 4-9). Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Carissimi, ecco la preghiera che il pio ebreo ripete tre volte al giorno e l’ascolto è il primo e radicale atteggiamento che il credente deve avere verso Dio, o meglio ancora verso il Dio che si è rivelato a Israele nella sua storia. Del resto, lo stesso nome “Israele” evoca il mistero dell’elezione (cfr. Gn 32, 29). Recitando “l’Ascolta, Israele” il popolo di Dio ribadisce la chiamata che lo ha generato, riconosce l’appello di Dio che gli si rivolge come ad un figlio e afferma implicitamente che è esortato a obbedire al proprio Dio come ad un Padre. Ascolto ed amore sono due aspetti della medesima realtà: l’esegesi dei rabbini ci dice che “con tutto il cuore” significa “con tutta la tua volontà”, “con tutta l’anima” vuol dire “anche se te la strappano”, ossia fino al martirio, “con tutte le forze” vuol dire “con tutti i tuoi beni”. Questa Parola deve essere la forza dell’azione (braccio), il principio ispiratore dell’agire e, soprattutto, il criterio di lettura degli eventi, la luce nella quale su scorge il senso dell’esistenza (occhi). “In questa casa si cerca di amare Dio”, dice la coppia che fonda il suo vincolo sulla sua Parola. E immediatamente questa casa si spalanca all’universo di Dio, alla sua pienezza e, conseguentemente, al senso della vita, ai significati “ultimi” che ci tengono in piedi, che reggono anche alle difficoltà e ci tengono separati dal baratro dell’angoscia nullificante.
Dio si pone come l’Unico da amare, ma l’unicità di Dio non è un criterio escludente, come quando noi dicessimo ad una persona: “Ama solo me”. L’unicità di Dio è il criterio salvifico, la ragione ultima per cui amiamo. Lo sanno le coppie quando scoprono che in ultima analisi è sull’amore di Dio e per Dio che il loro fragile e magari incostante amarsi prende respiro, fondamento, senso. Ma come amarlo? Come ascoltarlo? Come obbedire al suo comando radicale? I miei precetti “li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” (v. 9). Ma ci sono case in cui si moltiplicano gli altarini, le immagini sacre e tante volte, purtroppo, in ragione inversa della fede: un segno religioso sobrio, centrale, invece, può esserci di promemoria, può “mostrare senza pudori chi è il vero Signore della casa. Occorre anche ricordare che mettere a letto un bimbo e fare su di lui il segno di croce, sorridere al coniuge che in quel momento pare distratto, scegliere in casa un luogo per un appuntamento quotidiano di preghiera, rallegrare la tavola, perdonare di cuore, ecc. sono i mille gesti con cui proclamiamo che è “per scelta” che stiamo amando l’Unico, senza sottrargli nulla.