La chiesa di San Martino a Chieti
CHIETI. Le chiese sono un riflesso del tempo che l’umanità vive. Una chiesa di recente costruzione che merita una particolare attenzione è la chiesa di San Martino a Chieti. Nel video uno dei progettisti, l’ingegnere Cristinziano Scutti ci conduce nel cuore della nuova Chiesa in una dimensione bella e coinvolgente che ci fa comprendere anche la logica non solo architettonica e artistica ma anche liturgica che ha guidato la progettazione della stessa.
I tesori di santa Madre Chiesa
Non a caso, Dio che è “l’Amore” e bellezza infinita per eccellenza, è senza ombra di dubbio il più grande ispiratore delle più grandi opere d’arte al mondo. E se pensando a come dei semplici blocchi di marmo sono diventati ad esempio opere come il Cristo Velato e la Pietà di Michelangelo si può provare a immaginare la fede dei dei suoi autori. Quanto stupore ha saputo suscitare nelle mani d’uomo il figlio di Dio?
Santa Madre Chiesa ha un incredibile patrimonio di opere d’arte che avvicinano l’anima dell’uomo a Dio. Ogni martedì pubblicheremo uno di questi patrimoni.
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(Dal sito La nuova Chiesa di San Martino in Chieti | ChiesaOggi.com):
La corrispondenza TEMPIO-TAGLIO-RECINTO ha guidato la formazione del progetto del complesso Parrocchiale di San Martino, dando origine, invece, ad un recinto inteso come “recinto d’accoglienza”. È nella composizione del sistema sagrato, chiesa, chiostro, ambienti per attività parrocchiali, che si identifica tale recinto aperto dove la comunità possa ritrovarsi senza isolarsi dal resto della città.
Il complesso parrocchiale, rivolto verso le principali direttrici di arrivo all’area concentrate prevalentemente verso est, si dispone planimetricamente sulla parte pianeggiante dell’area con un insieme di corpi edilizi di diversa dimensione e importanza posti sulla stessa quota. La chiesa, al culmine del sagrato che intercetta le strade suddette, emerge rispetto al contesto urbano, divenendo centralità e punto di riferimento della comunità.
Il sagrato è caratterizzato da una sequenza di spazi caratterizzati da intensità ed emotività differenti che convergono verso la facciata della chiesa: lo spazio aperto e dilatato, confluisce verso il nartece, aperto (esonartece), ma già accolto “tra le membra della chiesa”.
Sul lato sud della chiesa, è presente il “chiostro” disegnato in chiave contemporanea, recuperando un tema della tradizione storica dei complessi monastici, e declinandolo attraverso il principio dell’accoglienza e quindi dell’apertura: il chiostro in tal modo si identifica come il vero “cuore” della vita parrocchiale nel suo complesso.
Attorno ad esso sono presenti dei padiglioni ad un solo piano: in connessione con la chiesa, in sequenza si sviluppano la casa canonica, le aule del catechismo e il salone parrocchiale; tali padiglioni sono collegati tra loro da un portico che funge da filtro tra spazio interno ed esterno.
A ridosso del volume della chiesa, altri padiglioni chiudono il chiostro e ospitano attività più strettamente connesse al funzionamento della chiesa stessa, come la sacrestia e gli uffici parrocchiali, anch’essi collegati da uno spazio coperto. L’organizzazione, per padiglioni contigui, consente, oltre al disegno dello spazio del chiostro, una flessibilità di gestione degli spazi stessi.
A qualificare ulteriormente la riconoscibilità del complesso, contribuisce un alto campanile con la croce del sagrato in sommità. A cerniera tra il chiostro e il sagrato, infatti, il campanile si identifica come elemento dell’annuncio, capace di condensare i molteplici flussi del contesto e catalizzare la percezione “annunciando” appunto una presenza significativa.
La Chiesa
Il sistema sagrato-campanile-esonartece introducono, accolgono e indirizzano il fedele nell’edificio-chiesa. Lo spazio interno della chiesa è orientato verso il centro dell’azione liturgica ed è scandito secondo una dinamica che si conclude nel presbiterio dopo aver attraversato l’aula.
Questa scansione di spazi è sottolineata da un fascio di elementi metallici, che nascendo dall’elemento plastico del campanile in cemento armato, identifica l’esonartece, entra all’interno dello spazio sacro attraverso il rosone, percorre l’aula per convergere verso il fuoco prospettico dell’altare, fino a costruire il sistema di pilastri su cui è appesa la croce, diventando lo sfondo dell’area presbiteriale.
Da questo spazio, vero centro dell’azione liturgica, trae origine la forma dell’aula, che si caratterizza da pareti curvilinee che avanzano, sviluppandosi dall’abside, disegnando un “grembo accogliente”; tali pareti in cemento armato, di altezze e sagome diverse che evocano morbide vele, organizzano lo spazio principale dell’aula, in cui si celebra l’Eucaristia, e una serie di spazi satelliti intorno, che contengono altri luoghi liturgici di riferimento.
Sulla soglia tra lo spazio interno e quello esterno, due vele slittate tra loro, lasciano spazio al Battistero, annunciato da una parete in pietra sagomata da tagli precisi della sua superficie, alla cui base sgorga l’acqua della Vita come simbolo del battesimo, per mezzo del quale diveniamo figli di Dio.
L’acqua, quindi, entra all’interno della chiesa, attraversa il fonte battesimale e arriva a lambire la penitenzeria, facendo memoria del battesimo, attraverso il sacramento della confessione ci riconciliamo con il Padre.
Lungo il lato nord, altre vele si “muovono” per ospitare la cappella feriale, identificata anche come cappella per la custodia del Santissimo Sacramento: un luogo distinto dall’aula principale, con un carattere adatto all’adorazione e alla preghiera più intimo e raccolto.
Sul lato opposto dell’aula, invece, si aprono spazi più ridotti che custodiscono in ordine, l’immagine mariana e quella del santo titolare.
La luce e il taglio
Alla copertura dello spazio principale della chiesa è stato affidato il compito fondamentale di inserire una proiezione “estatica” verticale che arricchisca l’ordinata corrispondenza dei rapporti architettonici orizzontali: l’irruzione della luce nel tempio esprime una volontà di ricerca della claritas in quanto veritas attraverso la rappresentazione del gesto di Martino di Tours – che taglia il mantello – quale “exemplum” dell’irruzione del Tutto nell’animo delle persone.
La luce che attraverso il taglio entra nella chiesa è espressione significativa della fede (cfr Enciclica Lumen Fidei), in tal modo il taglio non è più un elemento di separazione ma assume questo nuovo senso.
La volta della chiesa evoca quindi il mantello tagliato di Martino: la trama costituita da falde curvilinee che si sovrappongono tra loro, che richiama una morbida tela, è interrotta da un taglio longitudinale da cui penetra la luce; lo squarcio, produce lunghi filamenti, alcuni ancora fissati alla trama, altri più liberi che sembrano vibrare nell’aria.
La copertura è stata realizzata con l’utilizzo di una complessa struttura in acciaio costituita da 2175 pezzi ognuno diverso dall’altro: 8 falde fisicamente interrotte dal taglio sono realizzate da una serie di archi ancorati da una parte sulle pareti in c.a. e dall’altra sulle grandi travi longitudinali anch’esse di forme e dimensioni tutte diverse tra loro (la trave più estesa misura 30 m di luce, dal campanile ai pilastri dell’altare).
Il tema della luce trova nella chiesa ulteriori declinazioni: le avvolgenti vele curvilinee nei loro slittamenti relativi lasciano delle fessure verticali che convogliano una luce rarefatta all’interno degli spazi sacri; inoltre le vetrate colorate di giallo, azzurro e rosa (cromatismi che traggono ispirazione dai toni di colore del celebre dipinto di Simone Martini), utilizzate sia per la chiusura di tali fessure, che per il rosone in alto sulla facciata d’ingresso, si riflettono sull’altare, sul pavimento o sulle pareti a seconda delle ore del giorno: ancora una volta i giochi di luce trasfigurano la materia dandole un significato nuovo.
Le opere d’arte ed elementi liturgici
Le idee ispirative del progetto iconografico sono il Mantello di San Martino e la Piaga del Cristo Crocifisso. Entrambi gli elementi vengono sviluppati in diversi modi e forme, a seconda dell’immagine iconografica o dell’elemento liturgico che li interpreta. La piaga poi ha una sua corrispondenza anche con quella simbolicamente espressa a livello architettonico che attraversa tutta la Chiesa.
Crocifisso
La particolarità del Crocifisso è quella di essere avvolto dal mantello del Santo che in questa circostanza assume diverse forme e significati: esso diventa ora sudario, ora velo nuziale, ora vello profetico.
Il sudario richiama il lenzuolo nel quale fu avvolto il corpo del Crocifisso, il velo nuziale quello dello Sposo che s’incontra con la sua Sposa-Chiesa, quello del vello evoca il titolo di Agnello di Dio (cf. Gv 1,29), col quale fu riconosciuto dal Battista durante il battesimo.
Egli è appeso alla croce e questa, a sua volta, è appesa ad un pilastro portante della struttura architettonica, come a voler dire che egli costituisce la pietra angolare della Chiesa.
Il Crocifisso, per quanto esprime un momento particolare del sacrificio salvifico, viene rappresentato con una prospettiva teologica che tiene conto dei tre momenti centrali del messaggio kerigmatico: passione, morte e risurrezione.
Non è possibile pensare alla passione e alla morte se non nella luce della Risurrezione. Al tempo stesso non è possibile pensare alla Risurrezione senza tener come sfondo la passione e morte. Alla Risurrezione alludono il corpo staccato dalla croce, l’assenza dei chiodi delle pieghe, la misura della stessa croce, molto più piccola rispetto al corpo.
Tutti elementi che dicono la sua vittoria sulla morte. Anche la forma della croce è piuttosto inconsueta: essa segue il dinamismo del corpo glorioso. Le mani del Cristo acquistano un significato simbolico: mentre quella destra è in atto di benedire, quella sinistra accoglie la grazia santificante che viene dal Padre, profusa su chi condivide la sua comunione di vita, espressa dal velo nuziale.
Le ferite nelle mani sono forate, come a lasciar intravedere la realtà della vita gloriosa che sta oltre la piaga. All’altezza della cassa toracica è possibile notare la piaga del costato di Cristo. Essa diventa una sola cosa col Mantello ed è la stessa che notiamo anche sul mantello che avvolge l’altare.
Altare
Questa ferita è dorata, come ad alludere alla re-alità della vita divina. Attraverso la piaga, ovvero il sacrificio eucaristico, infatti noi veniamo resi partecipi della vita nuova in Cristo che sempre s’irraggia dall’altare. Essa costituisce perciò la chiave intepretativa del mistero che ivi viene celebrato.
L’altare è circondato dal mantello del Santo, come uno scrigno sacro che custodisce le reliquie di san Martino. Il dono che il Santo fa del suo mantello diventa così un sacrificio che lo unisce a quello di Cristo.
Ambone
Il tema del mantello e della piaga viene ulteriormente ripreso e sviluppato anche sull’ambone, anch’esso avvolto, come l’altare, in questo caso però dal sudario e dalle bende che avvolsero il corpo di Cristo, dopo la sua deposizione dalla croce e riposizione nel sepolcro.
Al sepolcro infatti allude l’ambone, evocato dal sudario e dalle bende che disegnano, sulla parte frontale, una forma ovoidale simile a quella della mandorla, simbolo della risurrezione. In questo senso il lettore che si reca a proclamare la Parola di Dio, partecipa come Maria Maddalena, del primo annuncio del Risorto, per il quale sale i gradini dell’ascesi spirituale.
Fonte battesimale
Anche sul fonte battesimale ritroviamo l’elemento del mantello, ma in questo caso esso assume la forma della veste bianca di cui viene rivestito il catecumeno, una volta introdotto nella vita ecclesiale. Anche la forma del fonte è ricca di elementi simbolici, tra i quali l’ottagono, simbolo dell’ottavo giorno della risurrezione finale; il cerchio simbolo della perfezione di Dio, l’acqua che avvolge la pianta del fonte, simbolo della vita nuova in Cristo.
La vasca, fatta in modo da poter compiere il battesimo per immersione, richiama ai momenti della morte e risurrezione di Cristo, dei quali partecipiamo attraverso il rito del Battesimo. A questo aspetto richiama anche il volto del Crocifisso. Entrando in chiesa infatti si ha come l’impressione che egli inviti a guardare al fonte, come a voler indicare il battesimo, inizio del cammino verso la vita nuova.
Tabernacolo
Il tema del mantello viene ripreso infine anche dal Tabernacolo, sul quale esso assume una simbologia liturgica, creando una sorta di distanza reverenziale tra noi e Cristo, presente con le specie Eucaristiche. Tale velo richiama anche quello degli angeli con cui un’antica iconografia era solita rappresentarli durante la crocifissione mentre raccoglievano nella coppa il sangue di Cristo. Anche la croce forata sulla porticina del tabernacolo assume una valenza simbolica. Essa dice la presenza perenne di Cristo in mezzo a noi.
La realizzazione della Chiesa di San Martino Vescovo in Chieti viene a colmare una lunga attesa e un bisogno diffuso di religiosità e di socialità, sotteso ad essa. L’edificio sacro e il complesso parrocchiale sorgono in un’area della Città priva di ogni benché minimo spazio aggregativo ed offrono finalmente agli abitanti del quartiere un luogo dove incontrarsi, anzitutto per lodare e invocare insieme il Signore, ma anche per ritrovarsi in momenti di condivisione, di comune riflessione e di festa. Nell’inviare come Parroco a San Martino don Sabatino Fioriti – sacerdote di grandi capacità pastorali e di forte impatto aggregante – gli affidai la duplice missione di costruire l’edificio di pietre viventi, di cui parla la seconda lettera di Pietro, e quello di pietre materiali, che si offrisse a tutti come casa di preghiera e come centro dove vivere e far crescere la comunità. Quanto dice l’Apostolo si va ormai sempre più realizzando attraverso l’annuncio di Gesù Cristo, la catechesi e la formazione, su cui tante energie sono investite: “Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo”(2 Pt 2, 4-5). Accanto all’adempimento di questo compito primario, il Parroco si è speso senza riserve anche per l’altro da me assegnatogli: conoscendo un gruppo di giovani architetti, da lui seguiti nella loro formazione cristiana, mi propose di affidare a loro la progettazione della Chiesa e degli ambienti per la pastorale. Accettai subito la sfida, cogliendovi non solo un gesto di fiducia verso i giovani, ma anche il segno di una novità di vita che stava nascendo in quell’area fino ad allora piuttosto dimenticata della Città. Fu così che i Progettisti si lanciarono nell’impresa, partendo da una conoscenza accurata del Santo, cui la Chiesa sarebbe stata dedicata, Martino, Vescovo di Tours. Di tutti gli episodi della Sua vita, quello che li colpì maggiormente fu la condivisione del mantello col povero: un giorno, nel rigore dell’inverno, Martino era in marcia per Amiens, quando incontrò un uomo seminudo, in preda ai brividi dovuti al gelo. Sprovvisto di denaro, tagliò con la spada metà del suo mantello e lo coprì. La notte seguente, Gesù, in sembianza di povero, gli apparve e, mostrando il mantello, disse: «Ecco qui Martino, il soldato romano non battezzato, che mi ha vestito». Allora, Martino decise di militare per sempre sotto la bandiera di Cristo. Nacque da questo racconto l’intuizione architettonica: la Chiesa riproduce nelle sue forme il mantello di San Martino e al centro in alto ne riporta anche il taglio, che è così la fonte della luce per rischiarare l’interno. Bella l’idea e ancora più bella la realizzazione, che unisce simbolismo, luminosità e spazialità. Accanto al “mantello” i giovani architetti hanno poi disposto un ampio sagrato, divenuto ormai la piazza del “villaggio”, ed intorno i vari ambienti per la vita pastorale, preceduti da un portico a colonne, con la grande sala degli incontri, le aule per la catechesi, gli uffici parrocchiali e la casa canonica. Il tutto si traduce in un spazio armonico, che sembra abbracciare chiunque vi giunga, e che dà subito l’idea di una comunità viva e accogliente, pronta ad accompagnare e integrare quanti vorranno condividerne il cammino.
Arcidiocesi Chieti Vasto – Curia Metropolitana
mons. Bruno Forte
Parrocchia San Martino Vescovo – Chieti Scalo
don Sabatino Fioriti
Progettisti:
Cristinziano Scutti ingegnere, Giuseppe Fortunato architetto, Valentina Angelozzi architetto, Annalisa Di Luzio architetto Artista:
Luigi Razzano
Liturgista:
mons. Fabio Iarlori
Impresa appaltatrice:
I.E.S. f.lli mammarella srl
Importo dell’opera:
3.000.000,00 €
Progetto registrato con Decreto CEI prot. 2798/L/2006
Approvato in data 4 Settembre 2015 Sostenuto dai fondi 8×1000 della CEI Panche e confessionali: f.lli Shiavone
Gli arredi sono stati realizzati in armonia con il contesto architettonico, riuscendo a generare attraverso la loro linearità, un felice contrasto con la sinuosità dello spazio dell’aula liturgica.
L’essenza utilizzata è legno di faggio di prima scelta, a sostenibilità certificata, con una imprimitura colore noce scuro che crea un contrasto naturale con le superfici chiare e la luce zenitale. Gli arredi sono realizzati dall’Azienda F.lli Schiavone