Il perdono ci rende liberi
In dialogo con i fratelli e sorelle separati, divorziati, e divorziati risposati
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
Credo veramente nella potenza della speranza? Il perdono è un atto di speranza perché ciò che speriamo con fede, Dio lo concederà. La speranza non delude mai.
Inoltre, quando perdoniamo qualcuno, liberiamo quella persona dalla vendetta o dal giudizio. Ma non rendiamo libera soltanto quella persona; rendiamo liberi anche noi stessi. Ogni volta che perdono qualcuno, rendo libero me stesso.
Che cosa accade quando non perdoniamo? Se qualcuno mi ha fatto un qualche torto dieci anni fa, e ancora, dieci anni dopo, non lo voglio perdonare, questo significa che il mio passato mi tiene prigioniero. È come se una catena mi trattenesse da dieci anni nel passato. Non sono libero di ricevere le grazie di oggi. Una volta ho sentito qualcosa di molto triste, c’era una donna, penso che fosse molto anziana, mi chiese di parlare, e la cosa principale che mi espresse fu che era ancora piena di rabbia nei9 confronti di alcune suore che – lui sosteneva – l’avevano maltrattata a scuola quando aveva dieci anni. È molto triste vedere una persona anziana che serba ancora un forte rancore per qualcosa che è successo una vita fa.
Quando non abbiamo perdonato, non siamo liberi nei confronti del passato. Non possiamo ricevere le grazie del momento presente, tutte le benedizioni che Dio ci vuole donare. Non possiamo riceverle perché siamo tenuti inchiodati al nostro passato da questo rifiuto di perdonare. Che cosa significa non perdonare? Significa che serbo nel mio cuore un rancore, un giudizio, talvolta un odio. E questo avvelena il mio cuore. Il mio cuore non è puro; non è libero. È come se il mio organismo fosse intossicato da un veleno. Questo mi nuoce per molte ragioni. Inoltre, ciò mi tiene in una condizione di dipendenza. In questo periodo si parla molto di dipendenza emotiva. A volte diventiamo eccessivamente dipendenti da qualcun altro. Non siamo liberi; ci siamo vincolati troppo a questa persona. Abbiamo trasformato questa persona in un idolo. Non possiamo vivere dieci minuti senza di lei, e con il cellulare lo controlliamo continuamente: «Mi stai pensando? Mi ami?». Anche odiare qualcuno è una forma di dipendenza. Spesso pensiamo a qualcuno che detestiamo tanto quanto pensiamo a qualcuno che amiamo. I nostri pensieri sono occupati con esperienze negative e il nostro cuore è pervaso di sentimenti negativi. Sono dipendente dalla persona che non riesco a perdonare.
Al contrario, quando perdono, sono libero. Non sono più in questa condizione di dipendenza. Posso essere completamente me stesso e posso permettere che la grazia di Dio dimori in me. Posso lasciar fluire in me pensieri positivi e speranze invece di far dilagare dentro di me un veleno. Il perdono mi rende libero. Abbiate il coraggio di chiedere la grazia del perdono e di metterlo in pratica. Ecco un’altra storia. Non molto tempo fa, una donna mi venne a parlare, aveva un problema, non riusciva a perdonare suo marito. Lui l’aveva tradita. Il marito aveva avuto una breve avventura con un’altra donna. Questa storia non era andata avanti, lei si sentiva molto ferita e non riusciva a perdonarlo. Il fatto che fosse ferita è del tutto normale. L’adulterio in un matrimonio provoca una vera sofferenza nel coniuge innocente. È infedeltà ed è un tradimento della comunione di volontà e di cuore di una coppia, e anche della sua comunione e intimità fisiche. Dare il proprio corpo a qualcuno al di fuori del matrimonio è tradire il patto coniugale, ed è quindi profondamente traumatico per chi è tradito. Non voglio giustificare il marito, ma detto questo, i sentimenti di questa donna avevano continuato a eroderla per molto tempo. Era una buona cristiana, conosceva il vangelo, sapeva che era chiamata a perdonare. Mi disse: «Ho letto tutti i libri che parlano del perdono, ma non riesco a metterlo in pratica». Parlammo un po’ e penso di aver capito alla fine il vero motivo. Mi resi conto che c’erano due ragioni che le impedivano di perdonare. La prima era questa: il fatto che il marito l’avesse tradita era per lei, in un certo senso, un vantaggio, che le dava una rassicurante posizione su di superiorità si di lui. Di conseguenza, poteva dire: «Io sono la santa e lui è il peccatore, quindi sono ben al di sopra di lui». Lei non voleva perdere questo vantaggio.
Che cosa significa perdonare? Il perdono richiede una grande umiltà perché significa che non vi sono un santo e un peccatore. Vi sono invece due peccatori. Lui ha peccato contro di lei, e questo era vero, ma lei era perfetta? Non aveva mai peccato contro di lui? Forze non in una maniera così evidente e visibile, ma c’erano degli ambiti in cui anche lei aveva sbagliato. Che cosa facciamo quando perdoniamo? Abbandoniamo questa situazione e ci poniamo sullo stesso livello. Siamo entrambi poveri. Siamo entrambi peccatori. Ci perdoniamo a vicenda, e camminiamo insieme sullo stesso livello, non vi è alcuna superiorità. Siamo entrambi peccatori e Dio ci perdona entrambi. Ci perdoniamo a vicenda come due creature povere, senza cercare di prevalere l’uno sull’altro, senza credere di essere l’uno migliore dell’altro. Camminiamo insieme in umiltà e povertà di cuore. C’è una decisione da prendere, una decisione che richiede umiltà, come pure fiducia reciproca.
Penso che la seconda ragione che impedisce a quella donna di perdonare sia il fatto che il peccato di lui era molto utile. Quando suo marito iniziava ad alzare la testa, quando voleva uscire con i suoi amici, lei serbava un grande rancore contro di lui: «Ricordati quello che mi hai fatto». Spesso usiamo il peccato di qualcun altro, in qualche modo, per continuare a umiliarlo, come una forma di manipolazione.
Perdonare significa rinunciare al potere di rimproverare l’altra persona. Il perdono restituisce all’altra persona la propria libertà. È a questo che il vangelo ci invita: a cancellare i nostri debiti.