“Il mettere Gesù al centro, trasformerà la nostra vita”
(Commento al Vangelo di Giovanni 1,29-34 di Don Giovanni Boezzi)
Il vangelo di questa domenica presenta la figura di Giovanni il Battista, un vero gigante di umanità e di fedeltà a Dio. La sua grandezza è nella capacità di fare un passo indietro e di indicare in Gesù colui che il popolo attendeva. La sua predicazione al Giordano aveva attirato folle immense ad ascoltare il suo messaggio e a farsi battezzare da lui. Avrebbe potuto sfruttare il consenso di cui godeva in quel momento, e invece si tira indietro e indica Gesù.
L’indicazione del Battista orienta il nostro sguardo: è Gesù l’atteso; è Gesù cui dobbiamo guardare; è alla sua persona che dobbiamo legare la vita.
A noi verrebbe da dire che se vogliamo realizzare la nostra domanda di salvezza dobbiamo guardare alla chiesa, dobbiamo entrare a far parte della comunità cristiana, dobbiamo impegnare in essa la nostra esistenza. Il Vangelo ci dice in continuazione che il centro della vita di fede è Gesù. Certo anche la chiesa è importante, anche l’appartenenza a una comunità cristiana è una risorsa di cui non possiamo fare a meno se vogliamo essere aiutati a ritrovare proprio Gesù; eppure il centro è solo lui.
Non possiamo avere tanti centri: il centro è sempre uno solo. Non si possono avere tanti cuori: il cuore è uno solo.
Vi è molto da interrogarsi, da parte di noi credenti, sul centro della nostra fede personale. È veramente la persona del Signore Gesù, il suo mistero, la sua Parola che ci rivela al Padre, che ci testimonia un amore capace di gratuità assoluta? L’esperienza cristiana è ricca di motivi, di gesti, di inviti, non tutti dello stesso valore. Nel tempo, l’essenziale e l’accessorio possono essersi mescolati in un intrico difficile da districare.
Anche la tradizione spesso ha preso il posto della verità del Vangelo, che non è mai racchiudibile in una forma culturale. E così, di tradizione in tradizione, abbiamo finito per perdere il gusto vivo della Parola di Dio, che si conosce solo frequentandola nel silenzio e nella solitudine, e che ha il potere di rinviarci alla persona del Signore Gesù. Non che la tradizione non sia importante, ma la Tradizione con la “t” maiuscola, che è una realtà viva, che non può essere imbalsamata nelle culture umane che passano nel tempo. La Tradizione non è il «si è sempre fatto così», ma è una forza, un’energia capace di ispirare ogni cultura e di mostrarsi attuale in ogni tempo.
Così, siamo nella situazione di oggi, nel tempo di una situazione ecclesiale opaca, perché si è persa la luce della fede. Tante volte ci chiediamo che cosa fare per affrontare una situazione così deteriorata. Sembra un compito immane, eppure il Vangelo ci indica la strada, ed è una strada semplice. È il ritorno al cuore della vita cristiana, che è il Signore. Certo non è facile, soprattutto se abbiamo confuso la fede con le cose da fare in nome della fede; se abbiamo perso il contatto con la persona del Signore.
Qualcuno può pensare che questo sia molto difficile: tornare al Signore significa oggi mettersi lungo la strada misteriosa di una ricerca interiore tanto difficile quanto affascinante. Significa anche abbandonare tutto ciò che non è essenziale. Lo vogliamo, come cristiani? Lo vuole la chiesa di oggi? O preferisce restare abbarbicata a tutto ciò che ha determinato la sua crisi? Le attività da fare, le strutture da mantenere, la visibilità, il prestigio… L’invito a scegliere la persona del Signore non è solo per ciascuno di noi, persone singole: è per la chiesa tutta, nella sua realtà comunitaria e istituzionale.
Decidersi a mettere veramente al centro Gesù, nel giro di poco tempo trasformerà la vita di ciascuno di noi, come credenti; e trasformerà anche il volto della chiesa: lo renderà più luminoso, originale, veramente diverso da tutte le istituzioni umane.