“Gesù era lì con tutti per farsi battezzare e donarci un amore grande, un cuore aperto per tutti noi!”
(Commento al Vangelo di don Simone Calabria)
Immaginiamo la scena: Giovanni Battista vede venire verso di lui Gesù. Il Signore non rimane distante; non aspetta che siano gli altri a compiere il primo passo. Aspettare può apparire equilibrato, giusto, prudente. Perché mostrarsi indifeso andando incontro? Non espone a reazioni incontrollate? Come si sarà accolti? Perché io e non lui? La considerazione di sé, impaurita dall’incontro con l’altro, induce a stare fermi. Gesù non aspetta il momento opportuno; non si decide solo dopo avere verificato i risultati ed essere sicuro della risposta. Si umilia. Viene incontro ad ognuno così com’è. Non si fa annunciare o precedere da segni grandiosi. Noi spesso siamo alla ricerca di un incontro straordinario e disprezziamo l’incontro concreto, umano, perché questo chiede vigilanza, sensibilità, accoglienza. Gesù viene; ma non è una magia.
L’incontro tra Gesù e Giovanni, seppure è stato un’esperienza particolare e irripetibile, ha aperto la strada a tanti altri incontri. Subito infatti ne seguono altri: quello con Andrea e l’altro discepolo, sempre al Giordano, quindi con Simon Pietro, con Filippo, con Natanaele…e con ognuno di noi che ascoltiamo l’annuncio del Vangelo e vi aderiamo con il cuore. L’evangelista Luca, con il suo stile narrativo sempre carico di simbolismo, nota che Giovanni vede venire Gesù verso di lui: “ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali”. È Gesù che “viene verso” Giovanni, non viceversa. Non sono gli uomini ad andare incontro a Gesù; è lui che viene incontro a noi.
Questo è il mistero che abbiamo celebrato nel Natale, quando Gesù è venuto ad abitare in mezzo agli uomini.
Noi, peraltro, siamo così poco abituati ad andare incontro al Signore, siamo accecati, schiavi del peccato, che quando il Figlio di Dio viene su questa terra neppure l’accogliamo: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”.
Questo avvenimento segna un orientamento decisivo a tutta la missione di Cristo. Infatti, Egli non si è presentato al mondo nello splendore del tempio, non si è fatto annunciare da squilli di trombe, e neppure è venuto nelle vesti di un giudice: tutto ciò poteva farlo. Invece, dopo trent’anni di vita nascosta a Nazaret, Gesù si è recato al fiume Giordano, insieme a tanta gente del suo popolo, e si è messo in fila con i peccatori. Non ha avuto vergogna: era lì con tutti, con i peccatori, per farsi battezzare. Gesù è venuto nel mondo con una missione precisa: liberarci dalla schiavitù del peccato, caricandosi le colpe di tutta l’umanità. In che modo? Solo amando.
Gesù non ci ha portato l’odio, il rancore: ma ci ha portato l’amore vero! Un amore grande, un cuore aperto per tutti noi! Un amore che salva e perdona sempre!
L’apostolo Paolo nella IIa Lettura, a sua volta, con grande chiarezza ci descrive che la salvezza è opera della misericordia del Padre e si compie nella persona di Gesù Cristo: “egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo…” (Tt 3,5-6).
Il Signore Gesù si è fatto carne per noi, per abitare in mezzo a noi, per farsi nostro fratello, amico, salvatore.
Anche noi dobbiamo metterci alla scuola del Battista per accorgerci di Gesù che viene accanto a noi. Ma come?
È sufficiente ascoltare il Vangelo con il cuore. Proviamo, e vedremo il Signore avvicinarsi. Lo vedremo come Colui che prende su di sé la nostra fatica, la nostra angoscia, le nostre croci, i nostri dubbi, le nostre incertezze, i nostri peccati.
Tutti noi abbiamo bisogno, allora, di una conoscenza più profonda e personale del suo mistero di amore per essere nuove creature. Amen!