“Essere figli amati del Padre”
(Commento al Vangelo di don Simone Calabria)
Battesimo del Signore B (Is 55,1-11; Sal Is 12,2.4-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11)
La festa del Battesimo di Gesù continua la serie delle manifestazioni del Signore. Il 25 dicembre Gesù si è manifestato a Maria, a Giuseppe e ai pastori; il 6 gennaio ai Magi; oggi si manifesta, sulle rive del Giordano, a Giovanni e al popolo d’Israele, nella persona del figlio di Dio, si è confuso tra gli uomini, come ogni uomo peccatore in attesa di ricevere il battesimo di penitenza. L’innocente si è fatto peccato per la salvezza dell’uomo.
Gesù, prima di intraprendere il suo ministero, volle ricevere il battesimo da Giovanni Battista.
“Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali”. Giovanni Battista vede venire verso di lui Gesù. È Gesù, invece, che “va’ verso” Giovanni. Il Signore non rimane distante; non aspetta che siano gli altri a compiere il primo passo. Aspettare può apparire equilibrato, giusto, prudente. Perché mostrarci indifesi andando incontro? Come saremo accolti? Perché io e non lui? La considerazione di sé, impaurita dall’incontro con l’altro, induce a stare fermi. Gesù non aspetta il momento opportuno; non si decide solo dopo avere verificato gli esiti ed essere sicuro della risposta. Si umilia. Viene incontro ad ognuno di noi così com’è. Non si fa’ annunciare o precedere da segni grandiosi.
Noi spesso siamo alla ricerca di un incontro straordinario e disprezziamo l’incontro concreto, umano, perché questo chiede vigilanza, sensibilità, accoglienza. Gesù viene; ma non è una magia.
Questo è il mistero che abbiamo celebrato nel Natale, quando «Dio, il mistero, il destino fatto uomo, si rende presente ora ad ognuno di noi in un volto umano.
Ci stupisce sempre questo Dio che si “immischia”, si coinvolge con noi, in tutto quello che ci accade ogni giorno. “Immischiato” con noi. È entrato nella nostra storia, nella nostra vita quotidiana fatta di cose concrete, ma, nello stesso tempo, tutte queste cose sono la strada attraverso cui nasce il nostro credere, la conoscenza di Dio.
Noi, però, siamo poco abituati ad andare incontro al Signore, che quando il Figlio di Dio viene su questa terra neppure l’accogliamo: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
Questo avvenimento segna un orientamento decisivo a tutta la missione di Cristo.
Infatti, Egli non si è presentato al mondo nello splendore del tempio, non si è fatto annunciare da squilli di trombe, e neppure è venuto nelle vesti di un giudice: tutto ciò poteva farlo. Invece, dopo trent’anni di vita nascosta a Nazaret, Gesù si è recato al fiume Giordano, insieme a tanta gente del suo popolo, e si è messo in fila con i peccatori. Non ha avuto vergogna: era lì con tutti, con i peccatori, per farsi battezzare. Gesù è venuto nel mondo con una missione precisa: portare a tutti l’amore di Dio che salva e perdona sempre, che ci libera dal peccato, caricandosi le colpe di tutta l’umanità. In che modo?: “amando”.
Quanti erano presenti sulla riva del Giordano non capirono subito la portata del gesto di Gesù. Lo stesso Giovanni Battista si stupì della sua decisione. Ma il Padre celeste no! Egli fece udire la sua voce dall’alto: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».