Ecco cosa avrei proposto al sinodo se ne avessi avuto la possibilità
“Sinodo” è una parola antica legata alla Tradizione della Chiesa. Composta dalla preposizione “con” (σύν), e dal sostantivo “via” (ὁδός) indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio. Domenica 10 ottobre 2021 papa Francesco ha indetto un sinodo inedito (“tutta la Chiesa è dunque convocata in Sinodo”!) e ha portato a stilare un documento conclusivo, Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi è stato approvato durante la 17a Congregazione Generale, il 26 ottobre 2024.
Partendo dalla mia esperienza di credente se ne avessi avuto la possibilità, tra le cose che mi sarebbe piaciuto proporre:
- costituzione di un comitato di evangelizzazione a carattere parrocchiale o cittadino aperto a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, perseveranti nella fede e che hanno nel cuore il fuoco di annunciare la lieta novella. Un comitato che si lascia ispirare e che interpelli costantemente lo Spirito Santo per raggiungere anche chi in chiesa non ci mette piede. Un comitato senza fronzoli che sappia vivere e trasmettere il messaggio universale dell’essenzialità e della semplicità che ha caratterizzato la figura di san Francesco, una figura oggi più che mai capace ancora di trasmettere dei messaggi forti anche ai non credenti. Un comitato che parti dalla vita concreta delle persone.
- Dare la possibilità ai fedeli di cominciare la giornata con una santa messa e dove non è possibile almeno con la celebrazione della Parola e la distribuzione della Santissima eucarestia. Nella maggior parte delle parrocchie le celebrazioni eucaristiche feriali hanno orari che vanno bene solo per i pensionati e oggettivamente improponibili alla maggior parte dei giovani e degli adulti che lavorano e che hanno famiglia. È vero che ci sono tanti che potrebbero andare e che non vanno perché non ne sentono l’esigenza ma è altrettanto vero che ci sono anche tanti altri che vorrebbero andare ma non possono.
- Mi piacerebbe che la messa feriale non sia inserita all’interno della liturgia delle ore sia perché ne allunga il tempo e sia perché mi lascia un po’ perplessa: in almeno tre occasioni ho ascoltato delle catechesi in cui i relatori hanno detto che il canto finale della messa non è previsto e che la messa si dovrebbe concludere con il dialogo tra il celebrante “La messa è finita andate (è il momento del congedo, l’ invito a rientrare nella vita quotidiana, alle sue opere di bene, lodando e benedicendo Dio, con la pace apportata dall’Eucaristia) in pace” e il popolo che risponde “Rendiamo grazie a Dio.
- Una formazione catechetica permanente parrocchiale aperta a tutti: catechesi le cui tematiche si possano incarnare alle esigenze formative locali in un particolare contesto storico e che trovi fondamenta nella Parola, nel “Catechismo della Chiesa Cattolica” e nel Magistero ed in perfetta comunione con presbiteri e vescovi: può darsi che c’è una comunità che ha bisogno di crescita spirituale sulla liturgia, un’altra sulla preghiera, una sul perdono e così via. Una catechesi che può essere curata da presbiteri e/o laici secondo il principio enunciato da papa Francesco “Dio non chiama i capaci, ma, con la sua grazia, rende capaci i chiamati“.
- Educare i laici a fare il salto di qualità: passare da una fede di usufruitore passivo di eventi religiosi al divenire un soggetto attivo della Chiesa .
- I catechisti che si occupano di iniziazione cristiana mandati secondo l’insegnamento di di Cristo “A due a due li mandò”: ogni gruppo di bambini/ragazzi guidato da almeno due testimoni di fede (non farsi chiamare maestri perché solo uno è il vero Maestro) e tutti insieme costituiscano una vera e propria equipe parrocchiale che sappia mettersi in ascolto dei segni dei tempi e che insieme si ritrovino ogni domenica, chiamati a coinvolgere i bambini/ragazzi con il frutto delle idee di tutti. La possibilità per i catechisti di organizzare dei campi scuola che siano una sorta di ritiri spirituali non pensati su “ciò che si pensa” possa piacere ai bambini o ciò che va di moda ma che si mettano in ascolto delle domande reali dei bambini/ragazzi con cui si ha a che fare durante l’anno. E poi largo alla creatività che scaturisce dalle competenze ed esperienze di tutti i catechisti. Ogni catechista, anche i più anziani hanno competenze umane e di gioco spesso messe sotto il mogio. Non al catechista relegato alla sua ora sganciato dal resto e che non sente l’esigenza di una formazione permanente. Dovrebbe essere insita nella natura stessa del catechista l’esigenza di formazione continua e permanente. I ragazzi di oggi non sono quelli di dieci anni fa e quelli di oggi non saranno uguali a quelli di domani. Oltre ad avere una vita spirituale significativa, occorre aggiornarsi continuamente, arricchire le proprie competenze non solo di fede ma anche didattiche. In campo formativo si potrebbe favorire la dimensione dell’equipe di apprendimento cooperativo e laboratoriale. A inizio anno catechistico si potrebbe stabilire uno o più temi in cui si è carenti, e tutte a turno si documentano, studiano e poi riportano alle altre.
- Una celebrazione settimanale a dimensione di bambini: quanto più essenziale possibile e che duri il meno tempo possibile, con canti di cui possono comprendere il significato e se non se ne trovano di adatti, limitarsi al solo ritornello sia per ridurre il tempo della messa e sia perché per un bambino può risultare più facile ricordarlo e un omelia dialogata con loro. Spesso a messa si vedono i bambini che si annoiano e sono distratti. Tempo fa c’era qualche occasione particolare ed ero seduta vicino a un bambino di 6/7 massimo 8 anni. Trascorsi i primi quindici minuti di curiosità per la scenografia liturgica, per quel bambino la messa era cominciata a divenire una sorta di tortura. Non possiamo dire “ma lui è piccolo,.. se non partecipa fa niente, … un giorno capirà.” E oggi che dobbiamo pensare a come fare affinché anche per quel bambino la messa sia una festa, senza togliere niente alla liturgia e calandoci nei suoi panni facendo memoria di quando noi eravamo bambini.
- Avere il coraggio di dire no alle feste patronali che sono una vera e propria contro testimonianza per i pacchi di pasta … che si danno a chi si trova in difficoltà economica durante l’anno. Potrebbe essere una cosa buona che il comitato feste fosse un comitato di evangelizzazione e non un comitato eventi. Qual è il senso di partecipare a un comitato festa del santo patrono sganciato da una vita di fede e/o non vivere la Chiesa e poi pretendere che il comitato debba chiamare il cantante di grido, luminarie e fuochi d’artificio megagalattici? Una volta le persone avevano bisogno di eventi di distrazione ma oggi ogni città, anche il paese più piccolo è pieno di eventi mondani. Mancano invece le occasioni di comunione fraterna e di chiesa in uscita: tavolate per le vie cittadine, giochi per bambini e rappresentazioni amatoriali a tema, presentazione dei vari gruppi ecclesiali con attività varie, tende della misericordia, concerti di evangelizzazione, adorazioni/catechesi in piazza, simposi e simili. Ci si può davvero sbizzarrire pensando a delle nuove “tradizioni”. Gesù è via, verità e vita: i santi patroni sono uomini e donne che sono diventati tali perché nella loro vita hanno vissuto in pienezza questo messaggio. Quanto respiro di questo messaggio c’è in ogni festa patronale? L’uomo di oggi ha bisogno di Cristo e non dell’ennesimo evento mondano.
- Una maggiore attenzione alla pastorale familiare: con la famiglia si abbraccia ogni età e in tutte le dimensioni di paternità, maternità, figliolanza e fratellanza.