“È il mistero di Dio che tocca i cuori e fa udire la sua voce”
(Commento al Vangelo di don Andrea Manzone)
La Parola di oggi, come accade regolarmente, intende donarci il racconto di un evento piuttosto che una serie di insegnamenti. La lente attraverso cui leggere il Vangelo ci è offerta dalla prima lettura, che racconta quella che comunemente viene chiamata “la vocazione di Samuele”.
Samuele, forse poco più che ragazzo, vive nel tempio, offerto dai genitori che lo ebbero in dono da Dio. Dorme in uno dei luoghi più santi del tempio, nei pressi dell’Arca di Dio. Eppure, quando il Signore lo chiama, egli non conosce la sua voce: «Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore». È la narrazione di un paradosso: si sta in un luogo santo, ma non si conosce la voce di Dio. Questo deve essere un monito per noi: passare o dedicare molto tempo alle “cose di Dio” non significa aver percepito la sua Voce, la “Parola per me”, quel suono silenzioso che tocca il cuore con segni indelebili.
Samuele ha la grazia di avere una guida saggia, colui che cioè non si sostituisce alla voce, non la scimmiotta, ma offre una chiave di lettura per comprenderla. Qui occorre fare subito un salto al Vangelo: Giovanni Battista vede Gesù, lo indica come l’Agnello di Dio dando così ai discepoli la “chiave di lettura” del loro essere discepoli. Il Signore ci conceda sempre guide disinteressate, dita puntate a Dio e non tessitori di dipendenze poco mature.
Samuele finalmente ascolta la voce di colui che teneramente gli sta accanto, ma non sappiamo cosa la voce gli abbia detto: dal seguito del brano, che non leggiamo oggi, sappiamo però ciò che egli ha compiuto, ossia le opere di Dio.
Anche i discepoli di Giovanni iniziano a seguire Gesù e lo incontrano, vanno a casa sua, ne registrano l’orario, ma non sappiamo cosa sia accaduto. È il mistero di Dio che tocca i cuori e fa udire la sua voce, ma essa rimane celata, indicibile, scolpita nella memoria, capace di parlare solo negli atti santi di una vita rinnovata.
La novità tra i due racconti è sempre e solo Gesù: egli in questo brano viene seguito, non chiama a seguire, anzi! Egli si gira, vede i due e pone loro una domanda cruciale: “Che cosa cercate?”. Oggi questa domanda dovrebbe perseguitarci e prima ancora distruggere quel sottile velo di ipocrisia edificato dalle nostre risposte “giuste”: chi cerchiamo davvero quando seguiamo Gesù? Cosa vogliamo da Lui? Siamo interessati a stare con Lui, a dimorare con Lui oppure cerchiamo qualcosa, cose? Cerchiamo Lui o cerchiamo qualcosa da Lui? «Venite e vedrete».
Cosa vedranno? Di là a qualche tempo essi vedranno l’Agnello vero di Dio, il Figlio dell’uomo crocifisso, il crogiuolo dentro cui ogni risposta alle domande di sopra trova la sua verità. E poi non ci resta che correre, come Andrea, il primo missionario della storia, che solo ascoltando quella Voce dirà: «Abbiamo trovato il messia». Come Maria Maddalena: «Donna, chi cerchi?». E poi di nuovo una corsa: «Ho visto il Signore».