“È il mio corpo che cambia”
Rubrica della famiglia a cura della Dott.ssa Ivana De Leonardis
Prendo a prestito i versi di una canzone dei Litfiba di qualche anno fa per introdurre uno dei primi cambiamenti profondi che vivono i ragazzi passando dall’età dell’infanzia a quella della preadolescenza e adolescenza: la trasformazione del proprio corpo.
La corporeità è un aspetto fondamentale della nostra identità: è l’involucro che contiene la nostra interiorità, è il canale con il quale ci presentiamo agli altri e ci relazioniamo con loro. Attraverso il nostro corpo, infatti, manifestiamo i nostri pensieri, le nostre emozioni e i gesti che compiamo dicono chi siamo e come stiamo in quel dato momento.
Il passaggio da un corpo bambino a un corpo che si fa via via più adulto e che si modifica così radicalmente, è un processo lungo e che a volte può essere anche difficile da attraversare.
Di colpo il ragazzo comincia ad osservare questi mutamenti e, nella nuova immagine di sé che di giorno in giorno lo specchio gli rimanda, spesso deve fare i conti con difetti e imperfezioni ritenuti inaccettabili, scruta con attenzione quei dettagli del proprio corpo che fino a qualche tempo prima passavano del tutto inosservati (la forma del naso, quella delle orecchie, la lunghezza delle gambe, e il seno troppo grande o troppo piccolo, la barba che cresce disomogenea e così via).
Il sentirsi inadeguati, il non piacersi a sufficienza, la preoccupazione per il proprio aspetto, sono sentimenti che caratterizzano molto spesso questo passaggio della vita di un ragazzo/a.
Non penso di dire una cosa lontana dal vero dicendo che le trasformazioni fisiche del periodo pre e adolescenziale, siano una “prova” che attraversano tutti i ragazzi, a qualunque generazione appartengano.
Ci sono però due importanti differenze tra passato e presente.
La prima è data dal fatto che i ragazzi di oggi vivono in un contesto molto più “visuale” rispetto alle generazioni precedenti, in cui l’immagine (ossia ciò che vediamo) è sempre più importante ed è un canale comunicativo preferenziale rispetto ad altri.
Lo testimoniano il numero considerevole di selfie e video che vengono prodotti ogni giorno. Uno studio del Dipartimento di Scienze Psicologiche dell’Università di Chieti ci dice che nel mondo vengono scattati una media di 93 milioni di selfie al giorno!
Se mi vedo e se mi vedono, allora esisto! È qualcosa che va oltre la semplice moda. E’ un bisogno di comunicare se stessi nelle più diverse situazioni del quotidiano e di condividerle con gli altri per poter dire: “io ci sono, io esisto e sono così! Voglio che tu mi veda così!”.
Anche in questo caso, però, la tecnologia ha la sua influenza e produce i suoi effetti: l’uso di filtri che correggono o migliorano la foto, permettono oggi di scegliere quale immagine vogliamo trasmettere di noi e ovviamente si desidera che sia la migliore possibile, quella che può ottenere il maggior consenso, anche se non corrisponde pienamente alla verità delle cose. Da sempre siamo educati a mostrare l’immagine migliore di noi, anche quando non si usavano filtri e Photoshop. Ciò che rende oggi la questione degna di nota, è la continuità dell’esposizione, è l’apparire ok mantenendo un certo ritmo di visibilità per garantirsi di esistere e tentare di definirsi in questo flusso di dati e immagini.
La seconda differenza generazionale, è che in passato un ragazzo/a si confrontava e cercava conferme sul suo aspetto fisico essenzialmente con i membri della propria famiglia e con il gruppo dei pari che frequentava. Potremmo dire che “ci si scrutava tra pochi”.
Certo, anche prima si avevano dei termini di paragone reali e/o ideali: che si trattasse del “più bello/a della scuola” o che fossero attori, cantanti, sportivi, personaggi televisivi o modelle da copertine di riviste, ma comunque c’era un contesto di relazioni reali in qualche modo più protettivo perché più intimo.
Oggi, con l’avvento dei social, un ragazzo/a si confronta con una platea molto più ampia. Ogni volta che posta una propria foto su un social, la offre allo sguardo e soprattutto al giudizio di un numero esponenziale di persone che hanno il potere, attraverso i loro like o commenti, di incidere nel bene o nel male sull’accettazione di sé e sull’autostima di un ragazzo, di farlo sentire alle stelle o di buttarlo giù nel fango.
Sicuramente abbiamo sentito parlare del problema del body-shaming, ossia della derisione dell’aspetto fisico di una persona quando non corrisponde agli stereotipi di bellezza imposti dalla società. Anche in questo senso la presa in giro, per quanto sempre deprecabile, mentre prima era circoscritta nei limiti delle proprie frequentazioni, oggi può avere un impatto molto superiore se si avvale della cassa di risonanza di un social. Il “quanto sei brutta/o” oppure il “ma non vedi che pancia che hai”, se espresso da molte più voci, possono incidere in maniera davvero pesante e aprire ferite difficili da sanare.
E’ necessario avere una buona fiducia in se stessi quando ci si espone a una grande platea e spesso un ragazzo non ce l’ha semplicemente perché sta attraversando un periodo in cui è più vulnerabile.
Cosa può fare un genitore per aiutare un preadolescente o adolescente a vivere nel modo più sereno possibile i suoi cambiamenti fisici?
Per prima cosa, può rassicurarlo sul fatto che sono qualcosa di assolutamente fisiologico, che rientra nella bellissima trasformazione di ogni “bruco che si appresta a diventare farfalla”. Sono naturali, e come tali vanno vissuti. Può condividere con lui/lei che le sue ansie del momento sono assolutamente quelle che hanno provato anche i suoi genitori alla sua stessa età e accogliere con comprensione e tenerezza il suo smarrimento e le sue insicurezze.
Può incoraggiarlo ponendosi come uno specchio bello e valorizzante del figlio: “Sei bello/a così come sei, perché sei unico e irripetibile, perché questi tratti somatici sono il frutto di un patrimonio genetico che è solo tuo e di nessun altro”.
Può educarlo da quando è ancora un bambino sul fatto che la corporeità è un valore e per questo ha valore. Il proprio corpo è qualcosa di cui prendersi cura non solo per fattori estetici, ma perché è prezioso e ciò che è prezioso va custodito e trattato con amore.
Dott.ssa Ivana de Leonardis – Consulente Familiare®