Biagio: “sono cresciuto con il divieto assoluto della professione di qualsiasi fede”
Questa è la storia di Biagio Shestani, un acquisito sansalvese di origine albanese molto conosciuto e stimato insieme alla sua bellissima famiglia.
Com’era la vita nel tuo paese di origine?
Io sono nato a Scutari, una città albanese con 70.000 abitanti che da molti viene chiamata la Firenze dei Balcani. La mia famiglia di origine aveva alle spalle una lunga tradizione di pesca praticata sul lago di Scutari, il più grande dei Balcani. Mio nonno materno faceva il pescatore e le sue figlie si occupavano della coltivazione dei bachi da seta per la realizzazione di reti che poi vendevano agli altri pescatori. Avevamo garantiti i diritti al lavoro, allo studio, alla pratica degli sport e ad una casa. Ma non avevamo libertà di espressione e di culto. La mia era una famiglia cattolica ma proprio nell’anno in cui sono nato, il 1967, il regime comunista di Enver Hoxha, aveva proclamato l’ateismo di stato e chiusi tutti i luoghi di culto e vietato ogni celebrazione sia cattolica, che islamica e ortodossa. Moltissimi sacerdoti sono stati uccisi e a chi restava aveva il divieto assoluto di esercitare qualsiasi funzione religiosa. I miei genitori ci trasmettevano la religione di nascosto insegnandoci a non bestemmiare, il segno della croce, la recita delle preghiere e delle le varie festività religiose vissute nel nascondimento assoluto in casa. Non c’era nessunissima possibilità di partecipare a una messa, di essere confessati e di ricevere qualsiasi sacramento. La domenica per evitare che potessimo partecipare a qualche funzione era previsto il volontariato obbligatorio (esempio pulire e tagliare l’erba in parchi e altri luoghi pubblici). Tutto questo fino alla caduta del regime avvenuta quando io avevo 23 anni. Appena successo Ernest Simoni un prete che aveva vissuto la prigionia e ogni sorta di torture organizzò una messa all’aperto a cui parteciparono tutti i cattolici non solo della città ma vennero da tutta l’Albania. Fu una grande festa!
Quando e perchè sei venuto in Italia?
Sono venuto nel 1996 per avere un futuro migliore. Nel nostro paese guadagnavamo 10 Lire al mese qui in Italia se ne guadagnavano 10.000. sono venuto come turista perché qui già c’era mio fratello. Un imprenditore edile mi prese a cuore e oltre a insegnarmi il mestiere e farmi lavorare mi aiutò anche per i documenti per restare qui in Italia. Dopo tanti lavori non trovando altro mi sono comprato una barca, richiesto il permesso di pesca e sono tornato a fare il lavoro di pescatore. Un lavoro che diventa sempre più difficile anche per i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Intorno alle 4 del pomeriggio usciamo in barca per posizionare le reti al largo la mattina alle 4 del mattino esco di casa per riprendere le reti. Spesso capita che torno a casa con pochissimo pesce. Nel 2000 ho conosciuto mia moglie Nora anche lei albanese cattolica conosciuta qui in Italia. Lei era arrivata qui in Italia con un barcone omologato per 160 persone ma con a bordo 460 persone. C’è un episodio che mi racconta sempre di quando sono arrivati qui in Italia e che la ancora commuovere anche se sono passati tanti anni. Dopo lo sbarco sono a Brindisi sono stati smistati in vari posti fino ad arrivare a Catanzaro in un posto dove si parlava anche l’albanese. Trovarono ad accoglierli tantissima gente e avevamo messo uno striscione con scritte cubitali “Benvenuti fratelli e sorelle nostre”.