Annunciare Cristo ai ragazzi delle medie è un compito riservato solo ai giovani e/o solo ad alcuni?
Sarebbe bello se la risposta a questa domanda fosse: “tutta la comunità si fa carico di questo gioioso onere (annunciare Cristo dovrebbe essere il fuoco che arde in ogni credente) e ciascuno secondo i propri personali carismi, nessuno escluso, fosse anche solo per pregare per loro/o che susciti o dia coraggio a tanti operai in questa messe”.
E sarebbe bello se anche praticamente si attivasse un sistema di coinvolgimento concreto dell’intera comunità rivolto non solo ai ragazzi che vivono dentro le mura parrocchiali ma anche e soprattutto a chi ne sta fuori. In una società così liquida, oggi più cha mai i ragazzi e i giovani hanno bisogno di valori e annunci forti.
Recentemente nel prestare servizio al Meeting Medie del Convegno Nazionale del Rinnovamento nello Spirito che si è tenuto a Rimini dal 22 al 25 aprile 2023, ho sentito ancora più forte questa urgenza del mondo di oggi. Provo a raccontare questa mia esperienza. Anche se sarà un po’ lungo, vi invito leggerlo fino alla fine anche se in più momenti. Vi ci potrete rivedere anche voi.
Sono salita a Rimini il giorno prima in treno soprattutto per conoscere di persona gli altri membri dell’equipe, per pregare insieme a loro per servire in comunione e preparare le ultime cose. Circa due mesi prima insieme agli altri operatori di tutta Italia (dalla Lombardia alla Sardegna), ci eravamo incontrati nei “luoghi digitali” per organizzare il tutto.
Non avevo mai fatto una esperienza simile e nel viaggiare da sola, mi erano venuti in mente tutti i pensieri di questo mondo: “Ho preso giorni a lavoro, ho lasciato la famiglia (tranne l’ultima figlia che il giorno dopo è diventata una dei circa 100 ragazzi del gruppo) ma chi me lo ha fatto fare? Come ultra cinquantenne cosa ho da dire a questi ragazzi? Non so neanche suonare una chitarra e né sono una tipa che sprizza simpatia da tutti i pori, anzi! Sono sicuramente fuori posto”.
La prima risposta a questa domanda è arrivata quando, giunta alla stazione, ho chiesto sulla chat degli educatori: “Mica qualcuno si trova a passare alla stazione”. Per semplice “Diocidenza”, (e una circostanza che si era creata diversa da ciò che avrebbe dovuto essere) si trova a passare un altro educatore di Alessandria proprio lì e in quel momento. Io avevo già acquistato il biglietto per la circolare che mi avrebbe condotta in Fiera. Ci ho visto il segno solo a fine meeting, in quel momento mi ero fermata al “Ah che fortuna”.
Arrivati in fiera arriviamo giusto in tempo per la celebrazione eucaristica (evento di apertura dell’intera convocazione; tradizione questa che non conoscevo) riservata a tutti coloro che prestavano servizio e che avrebbero seguito la convocazione solo di riflesso.
A celebrare è stato don Michele Leone, attuale padre spirituale del movimento ecclesiale Rinnovamento nello Spirito. Il Vangelo di quel giorno era la moltiplicazione dei 5 pani e due pesci messi a disposizione da un semplice ragazzo: uno dei miei brani di Vangelo preferiti e che mi ha aiutata a dare una spiegazione al toccare con mano cosa significa “Dio provvede”.
Una frase pronunciata da don Michele durante l’omelia mi ha colpito in maniera profonda ed era un’ennesima risposta alle mie perplessità: “Dalla mia pochezza Dio può trarre brandi cose”.
Ho cominciato a conoscere di persona coloro che avevo incontrato on line per organizzare il meeting baby, medie ed elementari. Quanto è strano quanta comunione ci può essere in Cristo. A pelle era come se li conoscessi da sempre e sentivo forte un gran senso di comunione con ciascuno di loro.
La Rives la sorella in Cristo con cui ho condiviso in quei giorni la stanza d’albergo è stata davvero come una sorella.
La mattina seguente ci siamo ritrovati in fiera innanzitutto per pregare, entrare in comunione tra di noi e con Dio ed invocare lo Spirito Santo prima di metterci a servire. Era come se fossimo un tutt’uno: una grazia immensa che si può comprendere solo sperimentando tanta meraviglia.
Ogni equipe si è poi diretta nel suo settore a preparare i materiali predisposti nei giorni precedenti da chi stava sul posto.
Per i 100 ragazzi delle medie all’inizio eravamo solo in quattro: Pia, la referente del gruppo, Andrea, un giovane straordinario con grandi capacità e soprattutto un cuore innamorato di Dio, Rino e io. Pia è una laica consacrata con un particolare carisma con i ragazzi e i giovani e con una lunghissima esperienza fatta prima come educatrice di Azione Cattolica, poi nei meeting del Rinnovamento e senza contare il suo servizio in una scuola paritaria, ci ha coordinati e fatto venir fuori il meglio di noi. In seguito si sono aggiunti altri educatori giovani e tra questi Giovanni Bruno che ha una straordinaria capacità di coinvolgere altri giovani in base al carisma necessario per quel momento. Per dare un’idea per il laboratorio rap ha trovato un giovane esperto di bit box: Mattia.
“Ho sempre avuto la grazia di fare esperienza con persone molto pragmatiche e al contempo con una spiritualità molto forte”. – mi ha confidato in seguito Pia.
I giovani portavano musica, brio, freschezza e noi adulti l’esperienza di vita di Cristo, un connubio perfetto. Mi sono addirittura ritrovata con un microfono in mano a parlare di Cristo e mi accorgevo che i ragazzi erano tutti attenti. Non ascoltavano me ma ciò che avevo da dire sulla mia personale esperienza con Gesù. Quando qualche ragazzo/ragazza che tendeva a isolarsi gli andavo vicino e gli restavo accanto finché non riuscivo a trovare un modo per farlo coinvolgere. In quei momenti veniva fuori semplicemente la maternità propria dell’essere donna, del mio retaggio di timidezza e dell’essere stata io stessa una ragazza si comportava così.
Secondo quanto stabilito durante gli incontri digitali, oltre ai giochi e momenti ricreativi vari, le attività clou del meeting, seppur rapportati all’età, erano: un laboratorio giornalistico, uno iconografico e uno di ideazione di un brano rap.
Sia per una esigenza logistica e sia per creare piccoli gruppi in cui i ragazzi avevano modo di conoscersi e fare amicizia, li abbiamo divisi in squadre all’interno delle quali, loro stessi sceglievano un caposquadra.
A ogni caposquadra raccomandavamo due cose: cercare di coinvolgere tutti e se si vedeva qualcuno che tendeva a isolarsi di trovare il modo di coinvolgerli.
Durante il laboratorio giornalistico “Giornalista di Gesù per un giorno”, (qui giocavo in casa), io e Pia portavamo i ragazzi, divisi in squadre, a intervistare i partecipanti alla convocazione. Il mio gruppo di ragazzi ha intervistato un ex carcerato che ha cambiato vita, un ex aviatore che ha scelto poi di diventare un infermiere perché sentiva forte il desiderio di sentirsi utile agli altri, una squadra di vigili del fuoco e alcuni addetti del servizio vendita libri.
Durante l’ultima intervista al banco libri è successo qualcosa di straordinario. Una ragazza portava nel cuore il peso della memoria di genitori che l’avevano abbandonata quando aveva solo 4 o 5 anni, poi adottata da genitori amorevoli. A febbraio il papà adottivo a cui era particolarmente legata, era salito in cielo. Nel mentre la squadra intervistava una sorella nella fede che faceva servizio, a un certo punto arriva, quasi d’improvviso, la figlia di questa signora, guarda dolcemente la ragazza negli occhi e le dice “Dio ti ama e anch’ io ti voglio bene”. Lei scoppia in un pianto pieno di dolore avvolto poi dall’abbraccio di questa signora e di tutta la sua squadra. La signora prende un libro (che poi le regalerà) e legge una frase che sembrava fatta apposta per lei. Da quel momento ha cominciato a sorridere, ha stretto una nuova amicizia e le ha poi confidato tutta la sua sofferenza.
Al meeting delle medie abbiamo ascoltato le testimonianze di ragazzi adolescenti che il primo giorno mandavano messaggi ai genitori per farsi venire a riprendere e/o avevano atteggiamenti spavaldi, indisponenti e l’ultimo giorno andarsene con le lacrime agli occhi. Giochi, interviste, ideazione di brani rap in squadre e realizzazione di icone si sono alternati ai momenti di preghiera, di adorazione e di penitenziale. E questi erano ragazzi che in qualche modo stavano lì non per scelta ma semplicemente perché i genitori li avevano portati.
In un momento di preghiera un’altra ragazza ha sentito forte la presenza del papà che ha perso qualche anno addietro per via di un infarto mentre viaggiavano in autostrada.
Ragazzi che a volte avevano atteggiamenti da bulli andavano a tenere compagnia a chi tendeva a isolarsi per qualche problematica fisica.
Queste sono solo alcune delle testimonianze che abbiamo vissuto con i ragazzi adolescenti e che ci hanno ridato una consapevolezza nuova: i ragazzi e i giovani hanno bisogno che noi adulti annunciamo con forza e soprattutto con grande amore e ardore quella lieta novella che ha trasformato la nostra vita.
Il grandissimo cerchio con ragazzi ed educatori che riuscivano a riempire l’intero padiglione è stato di un’emozione davvero unica.
Sarebbe bello se ogni comunità parrocchiale intercettasse, al di là delle appartenenze a vari movimenti ecclesiali, tutti quegli adulti che portano nel cuore il desiderio di essere “madri e padri nella fede” degli adolescenti e dei giovani e si invitasse tutta la comunità a pregare incessantemente per i ragazzi e i giovani.