Ricordando Venturino
Oggi è venuto a mancare Valentini Bassi Venturino, un uomo discreto che, con il suo mulino, ha segnato e continua a segnare con la sua famiglia la storia di San Salvo . Di seguito una intervista rilasciata nel novembre del 2018.
Venturino: “E’ farina del mio sacco”
Un anziano cliente di uno dei pochissimi mulini rimasti in Abruzzo e che si trova a San Salvo, ha detto al mugnaio: “Noi vi dobbiamo ringraziare perché ci sfamate. Dal grano riuscite a darci una materia prima fondamentale per la nostra alimentazione”. Uno dei principali punti di riferimento di questo mulino è Valentini Bassi Venturino, quarto di sette figli, nato a Lentella il 29 gennaio del 1933. Di seguito una breve intervista.
Mi racconti un pò la storia di questo mulino?
Per raccontare la storia di questo mulino bisogna partire da mio zio Bassi Giovanni originario di Perano nato nel 1887 e venuto a mancare nel 1971 e appartenente a una famiglia di mugnai lancianesi. Nel 1910 (anno inciso su uno stemma che conservo ancora) venne a San Salvo insieme alla sua sposa Annina Passalacqua originaria di Cepagatti, per sostituire all’ultimo momento suo fratello Angelo, concessionario del mulino Pantanella in contrada Stazione. Durante la guerra un bombardamento distrusse il mulino. I miei zii si trasferirono a Lentella dove già gestivano in contemporanea un altro mulinetto del Comune. Nel 1946 acquistò un terreno a San Salvo nell’attuale via Della Mirandola e vi costruì un mulino tutto suo che poi nel 2013 abbiamo trasferito nella zona industriale di San Salvo.
Come si innesta la tua storia con quella di questo mulino?
Ho frequentato la scuola solo fino alla quinta elementare perché a quell’epoca così era! A 13 anni i miei genitori mi mandarono a dare una mano a questi zii che non avevano figli e anche per imparare un mestiere. All’epoca tutti facevano il pane in casa e i mulini di allora non consentivano di macinare grossi quantitativi di grano: spesso eravamo costretti a lavorare anche di notte per soddisfare le esigenze dei nostri clienti. In quel periodo c’era davvero la fame. Andavo a piedi al mulino e capitava anche che andavamo a letto senza mangiare. Appena tornato dalle Armi che ho espletato a Palermo nel corpo della Fanteria, mio zio mi disse che mi voleva dare in eredità il mulino. Ovviamente rimasi molto felice per questa proposta. Volle anche suggellare questo legame con un’adozione ufficiale: dovemmo andare al L’Aquila per concludere la pratica. Di mia spontanea volontà e come atto di riconoscenza a questo zio a cui ero molto affezionato, ho voluto aggiungere il suo cognome “Bassi” a quello dei miei genitori “Valentini” e ho chiamato i miei due figli con i nomi degli zii: Gianni e Anna. E così insieme alla mia famiglia continuiamo e gestire questo mulino. Qualche anno fa mio figlio Gianni ha preso le redini dell’attività.
Come hai vissuto le varie crisi che si sono avvicendate in questo settore?
La prima crisi l’abbiamo vissuta quando è arrivata la Siv. Giravano più soldi e la gente ha smesso di fare il pane in casa. Per tre volte ho rinunciato la chiamata al lavoro in fabbrica perché avevo un forte desiderio nel continuare questo mestiere e ho resistito. E’ cambiata la clientela di riferimento prima tutti poi pizzerie e panifici molti dei quali sono ancora i miei clienti storici. Oggi vanno tanto di moda le antiche farine di una volta come Senatore Cappelli e Saragolla, ma queste sono farine che noi non abbiamo mai smesso di produrre. Ho cercato sempre di utilizzare grani di alta qualità e la qualità paga sempre.
Oltre al mulino qual è stata la cosa più azzeccata della tua vita?
Mia moglie Adelina Ricciardi che ho conosciuto in una festa tra amici di Cupello appena tornato dal militare e con cui abbiamo costruito una bella e solida famiglia.
Foto scattata il 27 giugno del 1965 nel mulino di Via Mirandola a San Salvo
Lo stemma del mugnaio Giovanni Bassi che porta inciso l’anno 1910
Maria Napolitano