“Siamo chiamati a fare il bene”
(Commento al Vangelo di don Nicola Florio)
Viviamo un tempo particolarmente difficile, pieno di incognite e di forti preoccupazioni. Certamente nel nostro cuore abitano domande simili a queste: quando finirà? E come andrà a finire?
Le risposte possono essere tante, ma possiamo correre il rischio di cercarle solo su un piano orizzontale, prettamente terreno.
La liturgia di questa domenica ci invita ad innalzare il nostro sguardo e ci ricorda che siamo chiamati alla gloria del cielo, con Cristo, Re e Signore della nostra vita. San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, afferma: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita” (15,22). Cristo è Re, è nostro Re, perché dona ciò che è e ha: la vita piena!
Questa è la nostra eredità eterna. E come ogni eredità, ci determina. Pensiamo alla nostra eredità genetica, a quella relazionale, anche a quella materiale: ci imprimono un modo di essere, di pensare, di agire. Oggi ci fa bene sapere che siamo depositari dell’eredità di Cristo: possiamo lasciarci determinare da questo dono che è custodito in cielo per noi.
Ma come si entra in questa eredità? Occupandoci dei fratelli del Re. Siamo chiamati a custodire e ad accudire i nostri fratelli sull’esempio di Cristo, che regna servendo. Cristo ci testimonia che la vera potenza è quella dell’amore. Cristo insegna ad Adamo (cioè ad ogni uomo, ad ognuno di noi) che si diventa come Dio non con la pretesa della conquista, ma amando e servendo.
Non possiamo accontentarci di non fare il male; siamo chiamati a fare il bene. L’evangelista Matteo, nel brano di questa domenica, per ben quattro volte ripete l’elenco dei gesti che hanno il sapore dell’amore.
Gesti semplici, che esprimono una carità intelligente (sa dare ciò di cui l’altro ha veramente bisogno) e concreta, non virtuale (è rivolta a chi ci è vicino). Come quella di tanti genitori, sacerdoti, insegnanti, medici, infermieri… Un amore capace di toccare ed esprimere il cuore stesso di Dio; un amore che viviamo con estrema naturalezza, senza alcun vanto e senza alcuno sforzo. Un amore che nasce spontaneo nel nostro cuore; e quando arriveremo davanti al Re che ci dirà: “Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare…” (Mt 25,34 ss.), anche noi risponderemo con tanta semplicità: “Signore, ma quando lo abbiamo fatto?” (cfr. Mt 35,37). E sì, perché l’amore vero è quello che nasce dal cuore e si compie con estrema naturalezza, senza neanche accorgercene!