Ogni parrocchia deve divenire il motore che trasforma ogni città in un santuario

L’ Istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” (per brevità “l’Istruzione”) è stata promulgata lo scorso 29 giugno. (Leggi). In questo articolo il 5° capitolo.

  • Introduzione (Leggi)
  • I. capitolo: “La conversione pastorale“ (leggi)
  • II. La parrocchia nel contesto contemporaneo (leggi)
  • III. Il valore della parrocchia oggi (leggi)
  • IV. La missione, criterio guida per il rinnovamento – prima parte (leggi)seconda parte (leggi)

In rosso ci sono degli estratti del quinto capitolo del documento con degli spunti di riflessione e in fondo è riportato il testo integrale.

V. “Comunità di comunità”: la parrocchia inclusiva, evangelizzatrice e attenta ai poveri

  • “Il soggetto dell’azione missionaria ed evangelizzatrice della Chiesa è sempre il Popolo di Dio nel suo insieme….la parrocchia non si identifica con un edificio o un insieme di strutture, bensì con una precisa comunità di fedeli…«è comunità di comunità»”. Si potrebbe quasi dire che la “parrocchia è il braccio di Santa Madre Chiesa che si identifica con la comunità di fedeli.
  • “…ognuno si adoperi per la costruzione dell’unico corpo” Ragionare in termini di comunità ci riporta al modello della famiglia dove ognuno è chiamato a dare il suo contributo in base alle proprie capacità/carismi. Se ogni parrocchia riuscisse a tirar fuori il meglio di ciascun fedele (nessuno escluso) a gloria di Dio, quante meraviglie ci sarebbero nel mondo.
  • parrocchia, pertanto, è una comunità convocata dallo Spirito Santo per annunciare la Parola di Dio” Questa frase trova l’apice nella partecipazione comunitaria alla santissima Eucarestia che è la convocazione dello Spirito Santo, il ristoro dell’anima e il cibo per il suo sostentamento. A questa convocazione segue un compito imprescindibile: l’annunciare. A questo compito tutti sono chiamati nella misura del carisma che gli è stato affidato e nessuno è dispensato. Un cristiano che non ha l’ardore di poter annunciare Cristo è un cristiano a metà, quello a cui manca il quid, quello di facciata, dalla fede effetto placebo destinata a far star bene solo se stesso.
  • Non può essere estraneo alla parrocchia lo “stile spirituale ed ecclesiale dei santuari” connotato dall’accoglienza, dalla vita di preghiera ….e dall’attenzione per i poveri.”Personalmente non sono mai stata a Lourdes ma in tutti i racconti che ho sentito su questo luogo che di sicuro è il modello di santuario per eccellenza, c’era una matrice comune: un fiume di gente che prega e che crea una sorte di vortice di meraviglie spirituali e umane e dove i sani aiutano i malati. E se si pensa a queste caratteristiche, ogni parrocchia se lascia agire lo Spirito Santo ha delle potenzialità incredibili per portare in ogni città il “clima” del santuario, quello che riempie il cuore e l’anima e che sa divenire già di per sé un grande forza evangelizzatrice. Basta pensare che la nostra fede è il frutto di soli dodici uomini nel mondo che avevano l’ardore di raccontare le meraviglie che Gesù aveva compiuto nella sua breve esistenza. Noi abbiamo molti più mezzi a disposizione ma un ardore che talora fa cilecca.
  • In tale prospettiva, si ha l’idea che il santuario possa racchiudere quell’insieme di caratteristiche e di servizi che, analogamente, anche una parrocchia deve avere” . Ma per riscoprire quella dimensione del mandato missionario occorre che una parrocchia si caratterizzi con un grande senso di accoglienza. E l’accoglienza purtroppo non è una bacchetta magica è qualcosa che l’altro percepisce a pelle. Una cosa che rimprovero spesso ai miei figli e del salutare qualcuno senza guardarli negli occhi e senza un sorriso. Un non saluto o degli sguardi fugaci e freddi allontanano anche se accompagnate da diecimila belle parole. Quando abbiamo ospiti in casa ci prodighiamo in diecimila modi perché quella persona si senta accolto. Spesso purtroppo le parrocchie hanno le maggiori carenze proprio su questo punto. Dopo essere cresciuti nell’accoglienza si possono realizzare tutti i progetti del mondo.
  • “Santuario” aperto verso tutti…I poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo Un’ altra pecca di buona parte delle parrocchie è quella di avere dei fedelissimi che sono degli accentratori di servizi e spesso divengono gelosi se altri si avvicinano. Occorrerebbe invece lo Spirito del: “Dai vieni aiutami in questo servizio, io nel frattempo, dopo che tu hai imparato, mi dedico a altro perché nella vigna del Signore c’è tanto da fare e tutti siamo chiamati a lavorare per essa”. Se uno stesso servizio viene fatto sempre dalle stesse persone molto probabilmente quel servizio sarà espletato sempre con le stesse modalità lasciando poco spazio alla creatività dello Spirito Santo se invece lo stesso servizio viene fatto da persone diverse nel tempo sicuramente si vedrà l’opera dello Spirito Santo che probabilmente ispira cose nuove in base alle peculiarità e carismi di ogni persona. Se vedi sempre le stesse persone a servire hai molto probabilmente l’impressione che la parrocchia sia una cosa loro e non di tutti. In contrapposizione a questo modus operandi tutti sono chiamati a collaborare nella “Casa delle case” e a portare quel dinamismo spirituale che L’Istruzione sta chiedendo con forza e in ogni modo. Anche i poveri dovrebbero essere considerati non una “categoria” di persone distinte e a cui elargire la semplice elemosina per metterci a posto la coscienza ma essere considerati più semplicemente altre persone da reinglobare in quel “tutti” con carismi e competenze che possono essere utili per lavorare la vigna del Signore. La povertà non è sinonimo di persona che non ha carismi. Solo mettendo in moto una mentalità nuova si considerano i poveri dei fratelli con cui siamo chiamati a entrare in empatia per captarne i loro carismi.

V. “Comunità di comunità”: la parrocchia inclusiva, evangelizzatrice e attenta ai poveri

27. Il soggetto dell’azione missionaria ed evangelizzatrice della Chiesa è sempre il Popolo di Dio nel suo insieme. Infatti, il Codice di Diritto Canonico mette in evidenza che la parrocchia non si identifica con un edificio o un insieme di strutture, bensì con una precisa comunità di fedeli, nella quale il parroco è il pastore proprio[30]. In proposito Papa Francesco ha ricordato che «la parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione», e ha affermato che essa «è comunità di comunità»[31].

28. Le diverse componenti in cui la parrocchia si articola sono chiamate alla comunione e all’unità. Nella misura in cui ognuno recepisce la propria complementarità, ponendola a servizio della comunità, allora, da una parte si può vedere realizzato a pieno il ministero del parroco e dei presbiteri che collaborano come pastori, dall’altra emerge la peculiarità dei vari carismi dei diaconi, dei consacrati e dei laici, perché ognuno si adoperi per la costruzione dell’unico corpo (cfr. 1 Cor 12, 12).

29. La parrocchia, pertanto, è una comunità convocata dallo Spirito Santo per annunciare la Parola di Dio e far rinascere al fonte battesimale nuovi figli; radunata dal suo pastore, celebra il memoriale della passione, morte e risurrezione del Signore, e testimonia la fede nella carità, vivendo in permanente stato di missione, perché a nessuno venga a mancare il messaggio salvifico, che dona la vita.

In proposito, Papa Francesco si è così espresso: «La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà a essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. […] Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione»[32].

30. Non può essere estraneo alla parrocchia lo “stile spirituale ed ecclesiale dei santuari” – veri e propri “avamposti missionari” – connotato dall’accoglienza, dalla vita di preghiera e dal silenzio che ristora lo spirito, nonché dalla celebrazione del sacramento della riconciliazione e dall’attenzione per i poveri. I pellegrinaggi che le comunità parrocchiali compiono ai vari santuari sono strumenti preziosi per crescere nella comunione fraterna e, al ritorno a casa, far diventare i propri luoghi di vita quotidiana maggiormente aperti e ospitali[33].

31. In tale prospettiva, si ha l’idea che il santuario possa racchiudere quell’insieme di caratteristiche e di servizi che, analogamente, anche una parrocchia deve avere, rappresentando per molti fedeli la meta desiderata della propria ricerca interiore e il luogo dove ci si incontra con il volto di Cristo misericordioso e con una Chiesa accogliente.

Nei santuari essi possono riscoprire “l’unzione dal Santo” (1 Gv 2,20), cioè la propria consacrazione battesimale. Da questi luoghi si imparaa celebrare con fervore nella liturgia il mistero della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, la bellezza della missione evangelizzatrice di ogni battezzato, la chiamata a tradurre la carità nei luoghi in cui si vive[34].

32. “Santuario” aperto verso tutti, la parrocchia, chiamata anche a raggiungere ciascuno, senza eccezione, ricorda che i poveri e gli esclusi devono sempre avere nel cuore della Chiesa un posto privilegiato. Come ha affermato Benedetto XVI: «I poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo»[35]. A sua volta Papa Francesco ha scritto che «La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro»[36].

33. Molto spesso la comunità parrocchiale è il primo luogo di incontro umano e personale dei poveri con il volto della Chiesa. In particolare, saranno i sacerdoti, i diaconi e i consacrati a muoversi a compassione per la “carne ferita”[37] dei fratelli, a visitarli nella malattia, a sostenere persone e famiglie senza lavoro, ad aprire la porta a quanti sono nel bisogno. Con lo sguardo rivolto agli ultimi, la comunità parrocchiale evangelizza e si lascia evangelizzare dai poveri, ritrovando in questo modo l’impegno sociale dell’annuncio in tutti i suoi differenti ambiti[38], senza scordare la “suprema regola” della carità in base alla quale saremo giudicati[39].

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