La tenerezza come progetto di vita
In dialogo con i fratelli e sorelle separati, divorziati, e divorziati risposati
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
Carissimi, il problema decisivo, per i separati, è di reagire al dominio dei tre sentimenti negativi – di cui parlavamo la volta scorsa (collera/rabbia; paura/ansia; delusione/tristezza) – e di operare una svolta che orienti alla scelta della tenerezza come sentimento positivo, antidoto agli stati d’animo distruttivi e inizio di una sempre possibile rinascita.
I primi tre sentimenti hanno effetti evidentemente negativi, la tenerezza è esattamente il contrario:
- chi sceglie la tenerezza, non si fa guidare dalla collera/rabbia, perché la tenerezza è, per definizione, amorevolezza, rispetto di sé e degli altri, cura, forza dell’umile amore, simpatia;
- chi sceglie la tenerezza non accetta di lasciarsi dominare dalla paura/ansia: la tenerezza è infatti fiducia in ciò che siamo e in ciò che possiamo divenire, fiducia in Dio-Tenerezza e affidamento alla sua provvidenza, dicendo grazie con la vita, sentendosi amati e amando;
- chi sceglie la tenerezza non consente alla delusione/tristezza di prendere il sopravvento, perché la tenerezza è gioia: beatitudine di essere, amare, adorare; essa sgorga dalla coscienza che l’esistenza merita di essere vissuta come un dono che viene dall’Alto e orienta all’Alto.
Il sentimento della tenerezza suppone un atteggiamento riconoscente, con la comprensione della storicità dell’esistenza, fatta di presente-passato-futuro, e con un’attitudine prevalentemente positiva verso l’alterità. Chi si orienta alla tenerezza ricerca una comunicazione uguale e matura con l’altro coniuge e mette in primo piano il bene dei figli come supremo e inalienabile, in un orizzonte oblativo e propositivo. La sua comunicazione si sforza di essere il più possibile leale, serena e fiduciosa.
Scegliere la tenerezza, per i separati, è assolutamente vitale, in quanto significa orientarsi e trasformare le stesse difficoltà in altrettante occasioni di crescita, non percependole in un quadro unicamente distruttivo, ma piuttosto come un percorso di nuova affettività. Sempre Roberta (nome inventato) ci dice:
«Quasi sempre la delusione nasce da un’illusione, ossia dall’essersi aspettati troppo da una persona che, come noi, ha i suoi limiti e le sue povertà. Dopo il fallimento del matrimonio il sentimento di delusione ti sovrasta, ma poi pian piano ti accorgi che in fondo tu stai male non perché non hai una persona che ti ama, ma di non essere una persona amata e degna di amore che può realizzarsi in altri orizzonti. È qualcosa di molto grande e profondo che solo Dio può dare e che si sperimenta soltanto quando ci si decide a lasciarsi avvolgere dall’immensa tenerezza di Dio-Padre».
Il discorso della scelta della tenerezza non rappresenta dunque un problema di ordine solo psicologico o di pedagogia educativa, ma di natura dell’uomo da cui dipende la condizione di felicità o di infelicità della persona umana. Scegliere la tenerezza, sotto questo profilo, non significa orientarsi a qualcosa al di fuori di noi, ma far emergere e condurre a maturazione ciò che più profondamente caratterizza il nostro io-spirituale e la nostra identità relazionale: il bisogno di un’esistenza di amore. Solo orientandosi a una scelta di tenerezza, sia pure con il dolore nel cuore e spesso in una grande solitudine, si può uscire dal rischio della chiusura sul proprio io o dal sentirsi dei falliti, come naufraghi senza alcuna più speranza di salvezza, e guardare al domani con un minimo di fiducia.
Uno dei tratti tipici della persona è la capacità di progettarsi e di attuarsi in un processo ininterrotto di crescita, di maturazione e di scambio con l’altro/Altro da sé.
La persona è possibilità! La ricchezza del suo essere non risiede semplicemente in ciò che è, ma in ciò che è in grado di divenire. Osserva in proposito A. Heschel un rabbino e filosofo polacco: «Una pietra è caratterizzata dalla sua definitività, mentre la qualità più spiccata dell’uomo è la sua capacità di sorprendere. Per gli animali il mondo è quello che è; per l’uomo, esso è in costruzione. Essere uomini significa essere in cammino, lottare, attendere, sperare». La tenerezza è sottoposta al medesimo dinamismo. Non è un’attitudine acquisita solo perché si è venuti al mondo o si è uomini e donne; essa è inscritta nel cuore di ogni persona come istanza profonda, ma esige una scelta e un tirocinio per potersi attuare concretamente e divenire progetto di vita. Se rappresenta un punto di partenza, costituisce in pari tempo un punto di arrivo, da ricercare e costruire giorno per giorno, con pazienza e perseveranza.