La realtà e le sfide della famiglia
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
«Il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa» (AL 31).
Carissimi, l’affermazione è alla base del secondo capitolo, indirizzato all’esame della realtà e delle sfide poste oggi alla famiglia, con un’analisi che non intende costituire tanto un’indagine sociologica quanto la verifica di come la comunità familiare stia rispondendo alla sua vocazione nella Chiesa nella consapevolezza che l’azione dello Spirito passa attraverso gli avvenimenti stessi della storia, da leggere con gli occhi della fede. «È sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano negli stessi avvenimenti della storia, attraverso i quali la Chiesa può essere guidata a un’intelligenza più profonda dell’inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia» (AL 31).
Sono cambiati i tempi in cui il consenso sociale sosteneva la famiglia e i ruoli degli sposi/genitori erano ben definiti. Oggi è urgente affacciarsi alla realtà della famiglia con occhi nuovi, nell’autoconsapevolezza di quanto la vita della società e della Chiesa dipenda dalla «vita affettiva e familiare» degli individui (AL 32). La famiglia non è una «variabile indipendente» da cui si possa prescindere senza conseguenze per il domani. Già nell’Evangelii gaudium, papa Francesco aveva fatto riferimento a posizioni che mettono in crisi l’identità della comunità familiare, in dipendenza di una «società liquida», priva di solidità e origine della fragilità con cui viene vissuta la relazione matrimoniale oggi. In quell’esortazione, il papa denunciava il pericolo di ridurre la famiglia a «una mera gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno» (EG 66).
I nn. 33-41 dell’Amoris laetitia pongono in evidenza il problema di uno studio culturale che esige relazioni lunghe e superi le tendenze attuali a un individualismo esasperato e a un’affettività fragile. Il primo limite segnalato è «l’individualismo esasperato». La società si struttura oggi più sull’idea dell’«io-solo» che su quella dell’«io-tu/noi». È assente in essa quel «personalismo comunitario» proprio del pensiero cristiano, dove la persona non è percepita come un individuo-solo, ma come un «io-tu» che nasce dal «noi», si realizza nel «noi» e tende al «noi». A questo individualismo esasperato e indispensabile opporsi a partire da un studio teologico che affermi sempre più l’identità relazionale della persona, immagine di Dio-Trinità. La persona è relazione, così come ogni persona trinitaria è persona.
Il matrimonio e la famiglia costituiscono lo spazio primario di questo percorso; misconoscerlo significherebbe cadere nell’impero della solitudine, se non nell’anarchia più sfrenata. «Un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come assoluto» (AL 33). L’individualismo odierno rende difficile donarsi a un’altra persona e indirizzarsi a formare la famiglia come una comunione nuziale di persone. Purtroppo, gli stessi ritmi di vita, lo stress e l’organizzazione della vita sociale sono centrati più sul singolo che sulla famiglia e le sue esigenze. Di qui l’acuta fotografia del papa: «Si teme la solitudine, si desidera uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL 34).
Al cuore di ogni questione detta, come di ogni percorso educativo, vi è e vi dev’essere la ricerca di una relazione nuziale sufficientemente matura, centrata sull’oblatività dei protagonisti: una relazione di coppia come bene superiore, non riducibile alla sola utilità individuale e attenta a evitare il pericolo che essa svicola in una qualche forma di «amore liquido», dipendente più dagli alti e bassi del momento che dal bene oggettivo della famiglia e dei figli.
«Non si avverte più con chiarezza che solo l’unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena, essendo un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità» (AL 52).
Di qui l’urgenza di affermare il «noi» coniugale come un valore primario inalienabile, attivando itinerari formativi che consentono ai fidanzati e agli sposi:
- di maturare nella stabilità di una promessa espressa una sola volta, indirizzata a rimanere tutta la vita;
- di costruire un «noi» solido come un bene prioritario, promuovendo un cammino di coppia che consenta a guardare l’unità dei due e alla loro fecondità, e non solo all’interesse del singolo.