Dall’India all’Italia alla sequela di Cristo Gesù
(Anna Rita Savino)
VASTO. Per Arockia Brand Elson e Jesu Antony Jegadeesh l’ammissione agli ordini sacri del Diaconato e del Presbiterato
Mercoledì primo luglio alle ore 18 nella Concattedrale di San Giuseppe l’Arcivescovo Bruno Forte conferirà l’ammissione agli ordini sacri, primo passo verso il sacerdozio, ai seminaristi accolti tre anni fa nella nostra Diocesi ed in particolare affidati alla parrocchia di San Giuseppe. La loro presenza, riservata e generosa, è testimonianza di una scelta vocazionale autentica e coraggiosa, la cui conoscenza rende attuali le loro storie maturate nell’ascolto del Signore. A tal proposito abbiamo rivolto loro qualche domanda.
Come avete vissuto la vostra prima giovinezza nel paese natio ?
Jeagadeesh Sin da quando ero piccolo ho vissuto per molti anni con mia nonna poiché il resto della mia famiglia, tra cui i miei genitori, si occupa dell’attività della pesca e di conseguenza è costretto a spostarsi frequentemente per questa ragione: letta in tal senso, la mia giovinezza, può essere ricondotta al percorso da me compiuto per comprendere come, il mio futuro servizio a Dio, avrebbe comportato il lasciare tutto per seguirlo, comprese le persone per me più care.
Elson Ho 24 anni e vengo dal sud dell’India, dalla diocesi di Tuticorin nello stato di Tamilnadu. Sono nato il 25 Febbraio 1993 dalla coppia Jerald Mathavadiyan e Jesinta Mary, molto amata e cristiana. I miei genitori mi hanno cresciuto in un ambiente in cui io potei iniziare il mio cammino di fede cristiana. Mi hanno fatto vedere una strada che porta a una vita di fede e l’amore del Signore fin dalla mia giovinezza, così rimanendo molto fedeli hanno compiuto il loro dovere cristiano verso i loro figli.
Quando è nata la vostra vocazione e cosa ha determinato l’atto decisivo di proseguire sulla strada del sacerdozio ?
Jeagadeesh Quando ho finito la scuola superiore ho espresso il mio desiderio di diventare sacerdote ai miei genitori. Fu allora che mia madre mi raccontò la storia della sua grande gratitudine al Signore per la mia nascita. Dopo il matrimonio i miei genitori non erano riusciti ad avere figli per tre anni. Pregavano per avere un figlio. Un giorno andarono a un incontro di preghiera e, mentre pregavano, decisero: “Se noi avremo un figlio, lo daremo sicuramente per la missione di Dio”. E dopo nacqui io, per grazia di Dio. I miei genitori non me lo avevano detto prima di allora perché credevano che Dio non sbaglia mai nelle sue scelte. Dopo aver ascoltato questo racconto, ho capito che la vocazione è un dono di Dio, si riceve solo attraverso la fede e l’amore per il Signore. La vocazione viene sempre da Dio, come dice Gesù nel Vangelo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15,16).
Elson I miei genitori hanno avuto tre figli. Loro ci hanno sempre considerati un dono di Dio e hanno pregato perché Lui chiamasse uno di noi al suo servizio. E il Signore ha accolto la loro preghiera, infatti, durante la mia fanciullezza, ha seminato nel mio cuore la chiamata al sacerdozio in mezzo alla mia gente.
Per me i miei genitori sono stati un esempio di fede perché da sempre li ho visti pregare per me, affinché donassi la mia vita a Cristo e diventassi sacerdote. E infatti, nel 2010, appena adolescente, decisi di iniziare il cammino di discernimento vocazionale nel Seminario Minore, per poter meglio comprendere la chiamata di Cristo al sacerdozio e il suo mistero d’Amore.
Quale è stata la prima formazione nella diocesi indiana ?
Jeagadeesh Con immensa gratitudine verso il Signore e per amore suo ho iniziato questo percorso al Seminario Little Flower di Tuticorin (2010-2011). Durante l’anno propedeutico mi fu chiesto di scrutare attentamente il mio animo per discernere la chiamata del Signore. Mi trovavo in una situazione completamente nuova, ma non mi sentivo solo: avvertivo la presenza del Signore accanto a me e il mio desiderio, fin dai primi giorni, fu di capire la Sua volontà e di come Lui mi avrebbe accompagnato nella sua sequela.
Elson Nel 2010 il mio Vescovo di allora Mons. Yvon Ambroise mi ha scelto in un programma diocesano per le Vocazioni. Il nostro Progetto Formativo per essere ordinato sacerdote dura 12 anni. Gli anni formativi comprendono i vari livelli di formazione vocazionale: ossia l’anno per la lingua Inglese, Studio secolare in università, Studi filosofici, anno Pastorale, Spirituale e studi teologici. Così ho fatto il mio cammino di discernimento per 7 anni prima di venire in Italia.
Come avete vissuto il distacco dal proprio paese e l’accoglienza nella Diocesi di Chieti Vasto?
Jeagadeesh All’inizio mi sono sentito fortunato e nello stesso tempo timoroso perché mi sarei trovato in un ambiente completamente nuovo e diverso da quello in cui ero vissuto fino ad allora in India. Poi considerai questa proposta come una nuova chiamata da parte di Dio: avrei imparato una nuova lingua, conosciuto una nuova cultura e soprattutto avrei avuto l’opportunità di vivere lo spirito missionario. Ma non mi nascondevo dalle difficoltà iniziali, prima fra tutte il distacco dalla famiglia, che ha sempre rappresentato per me un rifugio sicuro e nella quale non sono mai mancati valori importanti come l’amore e il rispetto. Esprimo viva gratitudine e affetto a sua Ecc. Padre Bruno Forte, pastore della Diocesi Chieti-Vasto, che per me è stato, fin dal primo incontro, guida paterna e premurosa e da subito mi ha affiancato nella mia vita vocazionale.
Elson Sono qui in Italia grazie al gemellaggio tra la nostra diocesi e l’Arcidiocesi di Chieti-Vasto. Tra le due diocesi vi è l’impegno di sostenersi a vicenda, condividendo la missione di portare Cristo a tutte le genti e le risorse necessarie per attuarla. Tra queste risorse, la mia diocesi di Tuticorin ha preso l’impegno di dare, ogni cinque anni, due sue giovani vocazioni all’Arcidiocesi di Chieti-Vasto, affinché si formino e diventino sacerdoti missionari in terra d’Abruzzo per alcuni anni.
All’inizio sono stato molto confuso perché non riuscivo a capire l’ambiente in cui ero stato inserito. Grazie all’Arcivescovo Padre Bruno siamo stati affidati a Don Gianfranco in cui ho trovato un amore paterno che mi ha fatto superare la lontananza della mia patria e la difficoltà di adattamento a una cultura nuova .
Quanto è stato importante per voi l’affidamento e l’inserimento nella parrocchia di San Giuseppe?
Jeagadeesh Mi trovo bene nella parrocchia di San Giuseppe, che mi ha accolto sin da subito, facendomi sentire non solo a casa, ma in famiglia: mi piace ricordare la figura del mio attuale parroco responsabile, don Gianfranco Travaglini. In lui ho ammirato la gioia e la bellezza del sacerdozio, espressa attraverso vero amore e vera carità che, insieme alla sua fraterna accoglienza, alla sua esperienza sacerdotale, alla sua dedizione e passione per il regno di Dio, sono stati motivo per me di crescita e di formazione spirituale.
Elson Devo ringraziare la comunità parrocchiale di San Nicola di Bari in San Salvo perché appena siamo arrivati in Italia ci ha accolto per 10 giorni con una calorosa ospitalità. Dopo di che Don Gianfranco ci ha introdotto in questa comunità di San Giuseppe. Veramente l’accoglienza sia di Don Gianfranco che della comunità ha rafforzato la mia permanenza e il cammino in Italia. Ringrazio Don Gianfranco perché in vista del nostro arrivo in anticipo ha trovato una bravissima professoressa, Elvira Salvatore, che ci ha aiutato ad approfondire la lingua italiana affinché potessimo proseguire il cammino scolastico nel Seminario Regionale in Chieti. Anche le famiglie ci vogliono tanto bene.
Quali esperienze pastorali significative avete vissuto in questi anni nella diocesi di Chieti – Vasto?
Jeagadeesh Bellissima è stata l’esperienza pastorale fatta in diverse parrocchie (San Giuseppe e San Giovanni Bosco in Vasto e i Santi Dodici Apostoli in Chieti Scalo) allo scopo di sperimentare l’inserimento nelle varie realtà ecclesiali. Questa esperienza mi ha dato l’opportunità di cogliere la qualità essenziale per il ministero sacerdotale attraverso la testimonianza dei parroci che mi hanno anche sostenuto nel mio cammino con la loro preghiera e mi hanno considerato come un membro delle loro comunità. La pastorale mi ha aiutato a crescere nella conoscenza di come servire il popolo di Dio e inoltre mi ha fatto capire che questa è la parte del mio cammino per vivere, crescere e respirare sulla Parola di Dio. I parroci mi hanno offerto svariate opportunità, tra cui le numerose attività con i bambini e il coinvolgimento nei vari ruoli all’interno delle attività parrocchiali.
Elson Ho vissuto nel mio cammino formativo come esperienza iniziale un anno nella parrocchia di San Giuseppe svolgendo molto l’approfondimento della lingua e l’aiuto nella liturgia. È stato significativo perché mi ha aiutato tanto a superare i propri limiti. L’anno successivo sono stato coinvolto nella comunità dei Salesiani in Vasto. Un grazie va a Don Massimo che accogliendomi mi ha dato la possibilità di comprendere l’ambiente dei giovani. Proprio in questo anno sono stato mandato nella parrocchia di San Francesco da Paola, dove grazie a Don Franco Mancini ho ricevuto un ampio spazio in cui ho potuto sperimentare la mia competenza per il ministero futuro per cui mi sto preparando oggi.
Quale messaggio vorreste mandare ai giovani che sono in cerca di una loro strada?
Jeagadeesh Ognuno di noi è chiamato a qualcosa di speciale per la propria vita, per questo motivo non bisogna rinunciare ai nostri sogni, ma essere sempre pronti ad accogliere con generosità l’invito gratuito del Signore.
Elson Fino ad oggi mi rende felice Il Signore che mi chiama. La vita in sé è una vocazione, in cui Il Signore ci invita a compiere con tutta la libertà personale, i Suoi progetti per noi in questa vita. Ci dona anche tante possibilità di scoprirli, dunque con prudenza dobbiamo cercare di essere certi su quale è l’ obbiettivo che il Signore ha per ognuno di noi! La risposta libera ad esso sarà il fare la Sua volontà.
A questo arricchente dialogo ha partecipato anche Don Gianfranco Travaglini, che già negli anni passati aveva accolto nella parrocchia di San Giuseppe seminaristi indiani; a lui chiediamo qual è l’impegno del parroco in questa esperienza di custodia e di accompagnamento e quale l’arricchimento per la sua comunità?
La nostra Diocesi ha il gemellaggio con la Diocesi indiana di Tuticorin e da qualche hanno ha l’impegno di accompagnare gli studi nel Seminario di Chieti di due seminaristi che rimarranno per la formazione per cinque anni e dopo l’ordinazione a servizio della nostra diocesi per nove anni. E’ un’esperienza bella, importante, perché per prestare il proprio servizio questi ragazzi incarnano la nostra cultura. I risultati sono veramente belli. L’ Arcivescovo ha chiesto di accoglierli in parrocchia, così come aveva fatto con i seminaristi del turno precedente, e di far da famiglia a loro, accompagnandoli nelle situazioni pratiche della vita. Data l’esperienza precedente, questa volta oltre a preparare una stanza, dove quando rientrano per le vacanze ritrovano un ambiente di casa, abbiamo organizzato un angolo cottura, una cucina, per dar loro la possibilità di preparare i cibi e i sapori della loro terra, al fine di farli sentire in famiglia. Quando mi si chiede qual è il compito direi che è proprio quello di accoglierli e di accompagnarli in un modo familiare. La cura formativa è affidata ai superiori in Seminario, il nostro compito è proprio quello di farli sentire il più possibile in famiglia adottando forme semplici e quotidiane. Per la comunità parrocchiale è un’occasione importante perché ci apre l’orizzonte. Non possiamo pensare alla Chiesa legata al nostro confine, la Chiesa ha una dimensione universale e missionaria, la sola presenza sull’ altare di questi giovani, appartenenti ad un’altra cultura, con un colore diverso della pelle, richiama la nostra attenzione e spinge il nostro orizzonte verso la dimensione universale e missionaria della Chiesa e quindi è un arricchimento per la comunità la loro stessa presenza. I servizi e i rapporti sono in parte limitati perché i ragazzi tornano a casa nel periodo delle vacanze quando la comunità parrocchiale non vive in pieno la dimensione pastorale con le relative attività, ma devo comunque dire che la comunità parrocchiale con forme semplici vive l’accoglienza nei confronti di questi nostri giovani.
Ad Jegadesesh ed Elson vogliamo rivolgere i più cari auguri con l’ausilio delle parole espresse da loro stessi nell’ invito, le quali rendono in modo chiaro e sublime i loro stati d’animo: che possano avere sempre “il cuore colmo di gioia e lo sguardo rivolto al cielo, grati al Signore per il dono della vocazione” e sempre possano vivere la verità ascoltata in Is, 43.4 “Perché tu sei prezioso ai miei occhi, dunque tu sei degno di stima e io ti amo”
Nel video, immagini di felicità
Anna Rita Savino