II segreto dell’amore è volere che l’altro sia felice
Rubrica a cura di Don Giovanni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto per la Famiglia
I sette anni di servizio sembrarono pochi a Giacobbe, tanto era il suo amore per Rachele (Genesi 29,9-20)
Carissimi, la storia di Giacobbe e Rachele, ci porta a riflettere sull’amore coniugale. Giacobbe ci insegna che il segreto dell’amore è volere che l’altro sia felice, in tal modo la relazione coniugale e l’educazione dei figli si edifica sulla solida base della donazione. Quando si tratta dell’unità tra un uomo e una donna per formare una famiglia, l’unità deve esserci non soltanto sul piano biologico ma su quello spirituale.
L’amore coniugale, anche se ha inizio con il sentimento, si consolida grazie all’unità degli obiettivi, dei desideri e delle aspirazioni nel progetto comune di vita. Senza l’innamoramento, la specie umana difficilmente sopravvivrebbe, ma l’innamoramento è soltanto – o soprattutto – il momento che precede l’amore duraturo.
Rimanere nell’amore non è un ideale né una questione che riguarda solamente le buone consuetudini, la moralità o la fede ma è anche un’esigenza di ciò che costituisce la famiglia. Quando il sentimento iniziale che dà luogo all’innamoramento sfocia nel matrimonio, l’amore diventa un impegno per tutta la vita da integrare a vicenda. Così ogni coniuge raggiunge nell’altro la propria pienezza.
L’impegno che si contrae è molto più che “vivere con”, ma è vivere “per l’altro”, e questo significa accettare la personale destinazione all’amore – alla felicità, al cielo -, donando la propria vita per l’altro.
Lo stesso San Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio al n. 11 del 22/11/1981 dice: «Di conseguenza la sessualità, mediante la quale l’uomo e la donna si donano l’uno all’altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l’intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano, solo se è parte integrale dell’amore con cui l’uomo e la donna si impegnano totalmente l’uno verso l’altra fino alla morte.
La donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente.
Questa totalità, richiesta dall’amore coniugale, corrisponde anche alle esigenze di una fecondità responsabile, la quale, volta come è a generare un essere umano, supera per sua natura l’ordine puramente biologico, ed investe un insieme di valori personali, per la cui armoniosa crescita è necessario il perdurante e concorde contributo di entrambi i genitori».