La famiglia è cosa buona: “I due saranno un’unica carne”
Rubrica a cura di don Gianni Boezzi delegato dai sacerdoti della Zona Pastorale di Vasto (Vasto, Monteodorisio, Cupello, Fresagrandinaria, Lentella, San Salvo, Tufillo e Dogliola) per la “Famiglia”
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La ripresa del tema della creazione dell’uomo e della donna in Gen. 2 riflette la sensibilità e la teologia di un autore biblico che vede nel rapporto uomo-donna non il semplice risultato di accordi commerciali, di convenienza di clan o altro ancora, ma il mistero dell’alleanza.
Questa idea trova già un’eco nella parola con cui Dio comunica la sua decisione d’amore sull’umanità: “Non è bene che l’uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile” (v. 18). L’uomo e la donna dovranno essere in rapporto di reciprocità come indicherebbe una traduzione più vicina al testo ebraico: “un aiuto di fronte”.
Questa reciprocità si dovrà esprimere come sostegno l’uno per l’altro, dono vicendevole della stima, presenza e compagnia l’uno per l’altro. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 371 leggiamo: «Creati insieme, l’uomo e la donna sono voluti da Dio l’uno per l’altro. La Parola di Dio ce lo lascia capire attraverso diversi passi del testo sacro. “Non è bene che l’uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile” (Gen. 2,18). Nessuno degli animali può essere questo “vis a vis” dell’uomo (Gen. 2,19-20). La donna che Dio “plasma” con la costola tolta all’uomo e che conduce all’uomo, strappa all’uomo un grido d’ammirazione d’amore e di comunione: “Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa” (Gen. 2,23).
L’uomo scopre la donna come un altro “io”, della stessa umanità». L’aiuto (la compagna) che è simile all’uomo è la donna e l’aiuto (il compagno) che è simile alla donna è l’uomo: simile non sta per identico, clone, copia conforme. È così che a nessun marito è permesso di chiedere alla moglie di conformarsi a sé, di essere come lui la vuole; è così che a nessuna moglie è permesso di chiedere al marito di essere come lei ha bisogno che sia, di rispondere ai suoi desideri.
Più sottilmente, a nessuno dei due è chiesto di rinfacciare all’altro come avrebbe dovuto essere o come aveva immaginato che fosse. In altre parole, a nessuno è lecito impedire lo sviluppo, il cambiamento dell’altro: come se la fedeltà fosse una sorta di staticità simile a una foto formato tessera.
Perché? Perché ai coniugi il progetto originario del Signore Dio chiede molto, molto di più di essere un’unica carne e un unico osso. E qui scopriamo che ciò che è all’origine non ci sta dietro le spalle, ma è il nostro futuro. La parentela tra questo uomo e questa donna che si incontrano e si amano è un salto qualitativo, un miracolo: non vengono dallo stesso sangue o dalla stessa stirpe, eppure si trattano da parenti stretti, in nome di un patto d’alleanza che è scritto a partire da Dio.
Prima c’è stato lo sguardo che attraeva ed era attratto dalla meraviglia dell’altro; e poi nel caldo della relazione emerge un tu da contemplare. Prima c’è stata la vicinanza sempre più prossima dei corpi; e poi il vincolo puro dell’io/tu che si fa noi. Prima ci sono state le nostre mani ad accogliere il figlio della benedizione; e poi il palmo della Tua mano che già l’aveva aggiunto al tuo popolo. Quando il prima trascolora nel poi, aiutaci, o Signore, ravvivando la tua presenza nel noi di coppia, perché non ci perdiamo nei labirinti del nostro nulla.