Oggi san Sebastiano: a San Salvo una volta una festa povera ma bella
SAN SALVO. Una volta, il 20 gennaio era una grande festa a San Salvo. Ricorreva San Sebastiano, che tra gli altri “patronati” vanta quello di essere il patrono dei muratori.
A quanto risale questa tradizione non è certo ma Ennio Di Pierro, figlio di muratore, ricorda con piacere quando, da bambino, subito dopo la guerra, questa grande tradizione ha ripreso vita. Per l’occasione la mamma di Ennio, (per l’epoca era una delle poche donne istruite in quanto aveva frequentato la quinta elementare), aveva trascritto dei canti popolari su san Sebastiano che ricordava a memoria. Molti dicevano che erano dei canti “che erano state passate” da Vasto.
Una settimana prima della grande festa, i muratori “ordinavano” la messa al sacerdote. La statua del santo veniva esposta in chiesa per tutto il tempo della novena. Il 19 gennaio, appena cominciava a fare buio, tutti i muratori si riunivano nella casa di uno di loro e cominciavano a intonare canti in onore di San Sebastiano. Di strumenti musicali c’era solo la chitarra suonata da De Filippis Antonio (detto “Piccingell) che era un grande cantore, poi c’erano i suoi due fratelli mastro Nicola (detto Turacaracaviut) e Umberto, mastro Paolo (il più anziano dei muratori di San Salvo di quel periodo), due fratelli della famiglia Malatesta: Inoltre collaborava con i cantori pur senza cantare Di Casoli Vitale, “un bellissimo uomo, una persona squisita, molto cattolica” appellativi riportati da Di Pierro. Siccome per alcuni canti occorreva una voce particolare non èpresente nel gruppo, i muratori coinvolsero anche il marito di “Gilda la sacrestana della chiesa di San Giuseppe”, De Filippis Luigi il sacrestano. “Aveva una voce straordinaria!”
Si cominciava a fare il giro delle case in ognuna delle quali ci si fermava e si gustavano ceci abbrustoliti, lupini e qualche volta fichi secchi e “celli pieni”, dolce tipico sanasalvese. Ovviamente non poteva mai mancare il vino! I muratori erano gran bevitori e buon intenditori di vino. In quell’occasione si offriva il vino cotto, forte, pesante e corposo. Non era strano se a fine serata, intorno all’una di notte, ognuno rincasava con la testa che gli girava un po’!
Il giorno dopo, intorno alle dieci c’era la processione per le vie del paese e la messa in onore di san Sebastiano. Subito dopo il pranzo ci si riuniva di nuovo e si ricominciava fare il giro delle case e a cantare. Anche se era una festa fondamentalmente dei muratori, siccome il paese era piccolo, diventava anche una festa di tutti i sansalvesi. I muratori ricevevano gli auguri dai loro compaesani.
Dal 1953 agli anni ‘70 queste tradizioni sono venute meno: i muratori anziani passavano a miglior vita e non c’era un ricambio generazionale. Ennio anche in dopo ha continuato a ordinare la messa per San Sebastiano. Ha ancora impresso in mente quando nel 1960 don Cirillo Piovesan gli disse “Oggi è san Sebastiano la festa dei muratori ma oggi purtroppo non è la festa dei muratori ma degli imprenditori che si sono scordati del santo. Era meglio prima”.
Nel 1974 lo zio di Ennio, Andrea Ciavatta (“Ndriucci du lu telefn” gestiva in via Savoia un negozio che offriva il servizio telefonico), Leone Balduzzi il poeta, Antonio Cirese, mastro Antonio De Filippis che suonava la chitarra, Checchia Sebastiano, Tonino Masciale che suonava la fisarmonica, Olindo che suonava il banjo, Gino Granata, Rocco Martelli, e da tanti altri hanno voluto ridar vita a queste vecchie tradizioni. Con il tempo si sono cominciati ad aggregare alla comitiva anche altri compaesani.
“Non dimenticherò mai la festa di san Sebastiano di quando ero bambino, perché era una festa povera ma bella, e come ogni festa era occasione di vera condivisione e fratellanza. Ci si voleva bene veramente!”