“Che fine ha fatto il tuo Battesimo?”
(Commento al Vangelo di don Gianluca Bracalante)
“Dobbiamo al più presto fare pace con il dato di fatto per il quale tantissimi giovani attuali sono in verità figli di genitori, di adulti, che non hanno dato più spazio alla cura della propria fede cristiana: hanno continuato a chiedere i sacramenti della fede, ma senza fede nei sacramenti, hanno portato i figli in Chiesa, ma non hanno portato la Chiesa ai loro figli, hanno favorito l’ora di religione ma hanno ridotto la religione a una semplice questione di un’ora. Hanno chiesto ai loro piccoli di pregare e di andare a Messa, ma di loro neppure l’ombra, in Chiesa”.
Questa provocazione iniziale vuole aprire la riflessione sulla Parola di Dio di questa domenica che chiude nella festa del Battesimo del Signore il tempo di Natale. Quando ero un giovane seminarista c’era un ritornello che il rettore di allora ripeteva spesso durante il tempo della Quaresima “che fine hanno fatto le Ceneri”? Questa domanda la possiamo cambiare oggi con “che fine ha fatto il mio Battesimo?” Mi ricordo che sono un battezzato? Che significa essere battezzati? Io credo che essere battezzati è fare esperienza dell’amore di Dio per me, essere battezzati significa non vergognarsi di abitare la Comunità-Chiesa che a partire dalle sue rughe è bella perché il suo messaggio è l’incontro con Gesù Cristo. Essere battezzati significa fare esperienza della Voce di Dio che squarcia i cieli e mi cerca per ricordarmi che sono amato da Lui anche se io non sono amabile (la giustizia di Dio). Dal fiume Giordano, Gesù, comincia il suo viaggio tra le nostre debolezze e le nostre malattie, tra le nostre fatiche e le nostre speranze. Lotterà a mani nude contro il male e la morte e con la forza dell’amore ci aprirà la via della vita.
Questo messaggio sembra essere ancora lontano dal cuore dell’uomo, nella società del rumore è diventato impegnativo ascoltare le persone che ci sono affianco figuriamoci Dio ma la figura del Battista nel Vangelo ci invita ad aiutare Dio ad essere Dio nel nostro e nel cuore dell’altro. Essere battezzati significa, in ultimo, aiutare Dio ad essere Dio nella vita degli altri solo così il nostro battesimo diventa missionario e autentico.
Gli anni venti del duemila si sono aperti con un conflitto e voglio chiudere la mia riflessione citando Etty Hillesum che scrive nel suo diario nei campi di concentramento di Auschwitz dove morirà il 30 novembre 1943 per ricordare a tutti che ognuno di noi deve essere portatore di pace, altro dono del battesimo, per spegnere ogni conflitto vicino o lontano.
“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi”