“Il Signore è qui accanto a me”

(Commento al vangelo di don Andrea Manzone)

La terza domenica di Avvento, come tradizione, è detta anche domenica Gaudete, non perché le letture parlino della gioia, ma perché l’antifona d’ingresso recita così: Rallegratevi sempre nel Signore:
ve lo ripeto, rallegratevi,
il Signore è vicino
. (Fil 4,4-5)

Prima di entrare nel vivo della Parola di Dio che ci viene proposta, fermiamoci un attimo a ragionare sulla gioia, una delle tante parole usa-e-getta che ci viene proposta nel nostro tempo. Ricordo che durante un incontro con dei ragazzi delle medie (!) chiesi loro cosa fosse la gioia nella loro vita e nella loro esperienza: tutti in silenzio. Allora chiesi di fare un esempio sull’uso della parola gioia, e subito quasi in coro dissero: “Mai una gioia!”. Se la gioia si conosce perché non c’è… potrebbe essere il titolo di una canzone.

Ma il titolo al contrario di questa domenica è: “Sarà sempre una gioia” perché il Signore è vicino. Vicino significa che sta per arrivare, ma significa anche che è qui, accanto a me. Si gioisce, si prova gioia per una vicinanza, per un’attesa pronta a terminare.

Si gioisce con i bambini che corrono la mattina di Natale per vedere se anche quest’anno sono arrivati i regali tanto sperati. Si gioisce perché posso abbracciare e tenerti la mano. Si gioisce per una presenza.

Ecco, Gesù si rende presente, inaspettatamente, nella vita di Giovanni il battezzatore. Ma Giovanni aspetta altro e aspetta un altro. Non è un caso che la prima parola di Gesù scritta in un vangelo, il più antico, quello di Marco sia: “Il tempo è compiuto. Il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15).

Lo sguardo su Gesù necessità di una conversione, di una spogliazione dalla forma che tanto ci affascina. Giovanni allora è chiamato da Gesù stesso a volgere il suo sguardo non sulla forma (lo hanno scambiato spesso e volentieri per un mangione, un ubriacone, uno che siede con i peccatori) ma sulla sostanza di ciò che avviene. E avviene che Gesù guarisce.

Ecco un altro motivo di gioia. È come se Gesù dicesse a Giovanni: “Giovanni, non guarda chi sono, come mi presento, le mie compagnie, ma guarda che cosa sto compiendo”.

Non serve anche a noi oggi questo monito, in questo tempo in cui gli studi estetici sono pieni e i confessionali sono vuoti? Non serve anche a noi andare oltre la forma, e lasciare che il Signore annunci la guarigione e la salvezza della sostanza? Ciechi, zoppi, sordi, poveri qual siamo, abbiamo bisogno davvero solo di un restyling oppure abbiamo bisogno di un Salvatore, di un guaritore, di qualcuno che ci doni quella gioia vera che “nessuno potrà togliervi” (Gv 16,22)?

Questo significa attendere, questo significa accoglierlo. Questo è Natale.

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