“Il Verbo che si è fatto carne nel grembo della Vergine Maria continua ad incarnarsi in noi”
(Commento al Vangelo di don Simone Calabria)
La celebrazione di oggi è davvero “mistero della fede”, come diciamo nella liturgia eucaristica subito dopo la consacrazione. Ed è un grande mistero. Non tanto nel senso che non si capisce; infatti, più che di una realtà misteriosa si tratta di un segno di amore del Signore per noi. È il mistero di una continua e particolarissima presenza. Sul punto di concludere la Sua vita umana tra noi, Cristo ha voluto restare, rimanere come “cibo”. Attenti! Questa non è un’invenzione umana, ma una decisione di Gesù. Perché ha voluto così? Perché per noi è tanto importante, che Gesù ce lo ha comandato? Perché siamo qui? Perché non prendiamo sul serio il comandamento di Cristo? Celebrare l’Eucarestia deve essere per noi un bisogno, una necessità e non un’abitudine per cui una o due volte l’anno si fa la comunione. È un bisogno essenziale, come quello di nutrirsi del pane.
“Io sono il pane vivo”: Che cosa facciamo oggi in questa celebrazione? Adoriamo il Corpo e Sangue del Signore? No. Oggi non è la festa dei tabernacoli aperti o delle pissidi dorate e di ciò che ne contengono.
Celebriamo Cristo che si dona, corpo spezzato e sangue versato? Non è esatto. La festa di oggi è ancora un passo avanti.
Oggi è la festa del “prendete e mangiate”, “prendete e bevete”, il dono preso, il pane mangiato.
Ci basta, infatti, sapere che Lui è in mezzo a noi, che non ci abbandona mai, che vuole farci partecipare alla Comunione con Lui, essere nutriti di Lui, pane di vita.
Cosa significa fare “Comunione con Lui”?
Significa mettere in comune, uscire dalla solitudine, dalle proprie chiusure, dai propri egoismi; è mettersi in contatto con gli altri, condividere ciò che abbiamo perché tutti siano nella gioia, perché nessuno sia nella sofferenza, perché possiamo sentirci come in famiglia, volendoci bene.
Noi abbiamo paura di aprirci, di condividere, perché siamo pieni di paure, perché ci riteniamo egoisti, diversi dagli altri. Sono chiuse le nostre case, e spesso sono chiusi i nostri cuori. E così siamo un po’ tutti staccati, senza essere capaci di tenerezza, di attenzione, di solidarietà, di accoglienza.
Ecco, carissimi, noi stiamo ora facendo un banchetto: è un banchetto di gioia, di amicizia, di festa. Si condivide lo stesso cibo. Ma da questo banchetto nessuno può essere escluso: è la cena del Signore. Ci deve essere posto per tutti; ognuno deve sentirsi invitato.
Le divisioni, le gelosie, le invidie, le ingiustizie devono essere superate perché non ci rendono felici.
Gesù ci dice allora una cosa importante: noi ci convertiamo quando ci facciamo dono agli altri, nella misura in cui facciamo pane spezzato per gli altri. Gesù ha spezzato la sua vita, non l’ha tenuta per sé, l’ha donata fino alla fine. E ci ha detto di fare come ha fatto Lui.
“lo sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo…Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in Lui”.
La ricchezza della fede è proprio questo: Il Verbo che si è fatto carne nel grembo della Vergine Maria continua ad incarnarsi in noi. Qui è il miracolo, lo stupore: Dio in me, Dio in noi. L’Eucarestia è proprio questo: è Gesù vivo e presente ora in noi.
Allora, non andiamocene da questo mondo senza essere diventati pezzo di pane buono per gli altri.