Cristo decide di essere re usando la via dell’affidamento al Padre
(Commento al Vangelo di don Andrea Manzone)
La Solennità di Cristo Re dell’Universo “chiude” per così dire l’anno liturgico, facendoci contemplare un particolare aspetto della persona del Salvatore, la sua regalità.
È dunque un concetto antico quello che di cui oggi sentiamo parlare, relegato nei tempi moderni alle favole per i bambini oppure alle cronache abbastanza frivole delle case reali. Stupisce certamente che il Vangelo scelto per descrivere la regalità di Cristo quanto di più distante possa esserci dal nostro concetto comune, spesso associato al potere.
La liturgia ci porta infatti sul Calvario, quando Nostro Signore, circondato da due efferati assassini e malfattori, è inchiodato anch’egli come un malfattore alla croce, a cui è appeso un cartiglio che suona come una presa in giro carica di vero: “Questo è il re dei giudei”. Mentre un re normalmente impartisce ordini, oggi Gesù è muto, sono altri a parlare e a ordinargli ciò che deve fare, con una frase ripetitiva e canzonatoria: “Salva te stesso”.
Nel discusso film di M. Scorsese, L’ultima tentazione di Cristo, Gesù scende davvero dalla croce per condurre una vita normale insieme alla Maddalena. Nella realtà Cristo decide di essere re non usando del suo potere per salvarsi – una logica tipicamente umana – ma la via dell’impotenza, dell’affidamento al Padre, dell’amore fino all’estremo dono di sé. Egli si presenta come il re che dà la vita per il suo popolo e, si badi bene, che popolo!
Sotto la croce non c’erano cori di ringraziamento, di lode o di supplica, ma solo scherni e tentazioni. Già immaginiamo la voce diabolica che sinuosa suggeriva alle orecchie del crocifisso morente: “Ma sei sicuro di voler morire proprio per loro?”.
Ad interrompere questa spirale di odio c’è il luminoso dialogo tra Gesù e il malfattore Disma, così lo chiama la tradizione. Il buon ladrone – tutt’altro che buono – vede però ciò che nessun uomo vede: un condannato strano, diverso da tutti gli altri, la cui croce è quella chiave misteriosa capace di aprire un regno che lui non conosce. La richiesta sfacciata di chi, morente, non ha nulla da perdere riceve una delle risposte più dolci di tutto il vangelo: “Oggi con me sarai nel paradiso”.
I re governano sulle masse, Gesù si rivolge al singolo; i re chiudono i loro manieri, Gesù spalanca le porte del Regno; i re hanno le corti, Gesù si circonda di uomini malvagi dallo sguardo profondo.
È questo strano re che oggi stiamo festeggiando, è di questo strano re che siamo divenuti discepoli. E noi stessi, nel battesimo, siamo stati consacrati “sacerdoti, re e profeti”, come lo è stato lui, nella piena offerta di sé.