“Fermarci ad ascoltare significa essere disposti a cambiare e a lanciarsi in un’avventura che ha Dio come protagonista”
“Mio Signore non passare oltre senza fermarti dal tuo servo” (Gen 18,3).
(Commento al Vangelo di don Nicola Florio)
Il cuore del messaggio di questa domenica lo possiamo individuare nel tema dell’accoglienza.
Nella prima lettura Abramo vive l’esperienza di un incontro con tre uomini; il testo ci dice fin dall’inizio che in questi personaggi è il Signore stesso a manifestarsi. Il patriarca lo scoprirà un po’ alla volta. Esattamente come accade a noi: non sempre è facile accorgerci del passaggio di Dio nella nostra vita, perché presi, agitati e preoccupati di troppe cose.
E qui ci viene in aiuto il brano evangelico di oggi. Gesù arriva a Betania e viene accolto da una famiglia di amici: Lazzaro, Marta e Maria. Il Vangelo ci manifesta l’umanità di Gesù: ama l’amicizia e vuole viverla e coltivarla con molta semplicità. Entrato in casa, trova due atteggiamenti diversi, non necessariamente in concorrenza tra loro, ma certamente utili per una nostra riflessione: Marta indaffarata nei molti servizi, Maria seduta in atteggiamento di ascolto.
Povera Marta! Voleva riservare una bella accoglienza a Gesù; forse si era alzata molto presto per sistemare casa e preparare un buon pranzo, degno dell’ospite di quel giorno. Mi vengono in mente le nostre mamme nei giorni di festa, quando tutta la famiglia si riunisce! Quanta fatica vissuta con amore! E penso che questo è Marta: sicuramente fa tutto per amore di Gesù. Il suo unico problema è l’affanno, l’agitazione, l’ansia di prestazione. Fa tanto per Gesù, stando poco con Gesù. Ecco il problema.
Nella vita possiamo correre lo stesso rischio: agitarci e affannarci per molte cose, perdendo di vista l’essenziale. Quante volte ho sentito genitori affermare: io lavoro tanto per portare avanti la mia famiglia, ma ho poco tempo per stare con mia moglie, con mio marito e i miei figli! È vero: i figli di oggi hanno bisogno di tante cose e, per potersele permettere, c’è bisogno di lavorare tanto; ma non possiamo dimenticare che prima delle cose, l’essere umano ha bisogno di amore e di presenza. E nella vita spirituale può capitarci la stessa cosa: indaffarati nelle cose che riguardano Dio, senza mai stare con Dio. Indaffarati a portare avanti una religiosità fatta di eventi, di manifestazioni esteriori, di pratiche tradizionali per le quali spendiamo tempo ed energie, senza mai impegnarci in un vero cammino di fede. E la fede nasce dall’ascolto.
Ecco perché viene elogiata Maria, la quale ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta. Qual è questa parte migliore? Mettersi in ascolto del Signore. Si, perché la Parola del Signore non è una semplice comunicazione di nozioni; è una Parola viva che realizza ciò che annuncia nella vita di chi la accoglie. Chi ascolta la Parola di Gesù e la mette in pratica è simile ad un uomo che ha costruito la sua casa sulla roccia (Lc 6,47-48); somiglia al terreno buono che garantisce al seme della Parola di crescere e fruttificare (Lc 8,15); l’accoglienza della parola e la sua realizzazione crea legami di familiarità con Gesù (Lc 8,21). Insomma la fede, che nasce dall’ascolto, lascia spazio a Dio e gli permette di operare meraviglie nella nostra esistenza.
Ma perché ci rimane più facile metterci a fare tante cose, anziché fermarci ad ascoltare? Perché in fondo ascoltare Dio significa fargli spazio, mettendo da parte il nostro egoismo. Significa essere disposti a cambiare; significa lanciarsi in un’avventura in cui sarà Dio il protagonista. Come amava ripetere il beato Carlo Acutis: “Non io, ma Dio”. E quanto è difficile. Eppure questa è la vera parte migliore, bella e buona che ci attende.
don Nicola Florio