La vita è un soffio
Quattro giovani vite del vastese stroncate quando per i parametri del mondo e dell’uomo era ancora troppo presto, perché avevano ancora tante cose da fare come conoscere l’anima gemella e/o realizzarsi a livello lavorativo, un figlio da crescere, diventare mamme o papà, diventare famosi con la propria musica e soprattutto allietare con i loro sorriso le persone che erano loro affianco.
Nel giro di pochissimi giorni tra San Salvo e Montefalcone sono saliti al cielo il 13 maggio Donato D’Alberto di soli 43 anni con un bruttissimo incidente sulla moto, il 22 maggio, nello stesso giorno, Saverio Tarantino di soli 34 anni, Sofia Ferrara di appena 18 anni e Nicole Daniele che di anni ne aveva 27. Tutti e tre portati via da un brutto male! Per Sofia la sua scuola ha osservato un minuto di silenzio scandito con la campanella che aveva segnato anche la vita scolastica della giovane studentessa. Sessanta interminabili secondi che racchiudevano tutto il dolore per una vita così breve.
Niente e nessuno potrà lenire il dolore di chi resta: solo il tempo li potrà aiutare a dare a queste morti precoci una dimensione che è tutta personale che non è un divenire più lieve o più sopportabile o tacita accettazione o convivenza con il dolore.
Quale il senso e perché tanta sofferenza! Non esistono parole che possono dare una risposta e neanche quelle insopportabili frasi della serie “Il Signore si prende i fiori più belli e/o aveva bisogno di un angelo lassù o peggio ancora prima che si perdesse il Signore lo ha richiamato a sè“. Quanto non sopportavo quando qualcuno voleva provare a dover dare per forza dare una spiegazione a una morte e uscirsene con frasi simili.
Davanti alla sofferenza del distacco umano di una persona cara potrebbero essere cose buone solo il silenzio e la capacità di mettersi in ascolto di chi soffre per far sentire quella vicinanza piena d’amore.
Mia mamma diceva “Solo alla morte non c’è soluzione“. Ragionando con una logica puramente umana e spogliata da una consapevolezza di fede, le morti come quelle struggenti e strazianti di queste giovani vite avvenute nell’arco di pochissimi giorni nel nostro territorio, potrebbero darci la possibilità di vivere la nostra vita una consapevolezza diversa e in pienezza insegnandoci ad assaporare attimo per attimo e a gustarci appieno tutte le persone che ci circondano e che ci amano.
Se io sapessi che stasera, domani, tra uno/due… mese un anno …. , morirò, cosa vorrei fare di questo tempo che mi resta? Vale davvero la pena prendersela per quella situazione che mi angustia, ha senso che mi metto a litigare con quella persona, quell’oggetto che tanto desidero e bramo mi servirà? Pensando a queste vite stroncate quante domande e quante risposte di senso ci possiamo porre di fronte alla nostra morte personale?
La morte può assumere un senso nella dimensione in cui ci insegna a considerare la vita come un dono e non importa in quale situazione e/o età ci si trovi. Non è mai tardi per fare della nostra vita qualcosa di meraviglioso per noi e per le persone che incrociamo sul nostro cammino e che insieme a noi possano fare altrettanto e rendere questo mondo migliore.
Gesù stesso era un giovane innamorato della vita che non voleva morire: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Le testimonianze di chi ha conosciuto questi giovani venuti a mancare in questi giorni, li descrivono come persone solari innamorate della vita, testimonianze che non possono lasciarci indifferenti e farci continuare a vivere come se nulla fosse successo.