“Impariamo a immedesimarci nell’altro per imparare ad ascoltare e parlare”
(Commento al Vangelo di Don Andrea Manzone)
Dopo il grande segno della moltiplicazione (anche se sarebbe meglio dire condivisione) del pane che ci ha accompagnato durante l’estate, un altro grande segno ci accompagna in questa domenica: la guarigione del sordomuto. Il brano del vangelo di oggi ci racconta il percorso di un uomo, sordo e incapace di parlare bene, che dopo l’incontro con Gesù riesce finalmente a “parlare correttamente”.
Il primo passaggio che possiamo fare, ascoltando questo vangelo, è quello di immedesimarci in quest’uomo, chiedendoci dunque in quali momenti della nostra vita (anche oggi!) non siamo in grado di farlo. Ascoltare e parlare possono avere molte varianti: possiamo ascoltare solo ciò che ci fa comodo, sentire senza ascoltare, ascoltare così tanto frastuono per non ascoltarci; allo stesso modo possiamo usare della capacità di parlare usando parole vuote, che non dicono nulla, che non interessano a nessuno, parole cattive che feriscono, parole false, parole vaghe per confondere, parole prese in prestito e non autentiche. Potremmo considerare l’ascoltare e il parlare nel mondo che sempre più abitiamo, quello dei social, un non-luogo in cui molti fanno finta di parlare e tanti altri fanno finta di ascoltare. Un esercito di sordomuti con la tastiera.
Vediamo come agisce (in noi) Gesù. Chi parla e ascolta male vive spesso in una folla, cioè in un gruppo di persone in cui non è sempre necessario parlare e sentire correttamente; molti gruppi vivono di una sorta di linguaggio convenzionale e allo stesso tempo di profondi silenzi, ma raramente nella sincerità e nella libertà dell’ascolto reciproco. Chi ascolta e parla bene non è ben accetto da una folla indistinta, apparentemente aperta ma nei fatti una realtà chiusa. Ecco perché Gesù prende quest’uomo e non fa quello che gli chiedono (imporgli le mani) ma lo porta in disparte, compie un gesto accompagnato da una parola tanto efficace quanto bellissima: “Apriti!”.
La guarigione nasce dall’ascolto di una parola diversa, della Parola pronunciata dalla Parola vivente. Ciò che può guarire è l’apertura, il contrario dell’autoreferenzialità, dell’autosufficienza. Ecco perché ogni domenica e anche ogni giorno abbiamo necessità di porci in ascolto di questa Parola; una Parola-altra capace di aprirci uno spiraglio nuovo di vita. Di rinnovare quell’Effatà che ci è stato detto il giorno del nostro battesimo: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre”.