Santuario Madonna dello Splendore |

L’APPARIZIONE DELLA MADONNA DELLO SPLENDORE

SECONDO LA TRADIZIONE

«Il 22 aprile 1557 piacque al Signore dare un segno della sua divina bontà col far conoscere al popolo di Giulianova la Vergine dello Splendore».
Così si legge nella prima cronaca che il padre priore dei Monaci Celestini, don Pietro Capullo, scrisse negli anni 1657-1674 e che servì come fon­te a don Niccola Palma per la sua Storia Ecclesia­stica e Civile … della città di Teramo e Diocesi Apru­tina (Teramo, 1832-1836).
«Su una collinetta, fuori le mura di Giulianova, un pio contadino, stanco per aver raccolto legna da ardere da portare nella sua casa di Cotogna, verso mezzogiorno andò a riposarsi all’ombra di un fron­doso ulivo. Bertolino – così si chiamava il contadino – ristorato dalla piacevole brezza marina che giun­geva fin lassù, stava per assopirsi quando vide tra i rami dell’albero una luce abbagliante e, al centro, la Vergine Maria che gli disse: “Su, Bertolino, levati e vanne tosto in Giulianova e spargi per tutto il paese la lieta novella che la Gran Madre di Dio qui ha scelto la sua dimora. Avvisa il clero che venga senza indu­gio alcuno con solenne proces­sione ad onorarmi e che qui, dove tu ora mi vedi, mi si co­struisca un santuario”.
Ancora stordito per la gran­de emozione, ma fiero per l’in­carico ricevuto, Bertolino corse dal governatore (amministrato­re feudale di nomina ducale) per riferirgli lo straordinario messaggio della Madonna. Co­m’era prevedibile, sia il gover­natore che alcuni notabili pre­senti si divertirono molto nel­l’ascoltare lo strano racconto del contadino, ma quando questi cominciò ad insistere perché lo seguissero sul luogo dell’apparizione, persero la pa­zienza e lo cacciarono in malo modo, tacciandolo di visionario e demente. Pur credendo alla sua buona fede, essi vede­vano l’unica spiegazione plau­sibile nell’ottica che i primi cal­di o un bicchiere di vino in più avessero dato alla testa a Ber­tolino.

Molto abbattuto per la cat­tiva accoglienza ricevuta, il po­vero contadino se ne tornò a casa, ma il giorno seguente, di buon mattino, spinto da una forza interiore, si recò nuova­mente all’ulivo con la speranza di rivedere la splendente im­magine della Madonna per po­terle confidare tutta la sua amarezza.

Bertolino percorse l’ultimo tratto della salita con il cuore in gola; si sentiva umiliato e of­feso non tanto per le ingiurie quanto per il fallimento del­l’importante missione. E se, una volta in cima alla collina, la Vergine Maria non si fosse più mostrata ai suoi occhi? Giunto in prossimità dell’albero tutti i suoi timori svanirono per­ché la Madonna era lì ad attenderlo per rincuorarlo ed esortarlo a tornare dal governatore.

La seconda ambasciata purtroppo non ebbe mi­glior successo della prima. Il terzo giorno, Bertolino ritornò in quel luogo a lui già tanto caro. Si inginoc­chiò ed attese la confortante apparizione. La Vergi­ne tornò e con dolcezza e fermezza lo incitò ad in­sistere presso il governatore che quanto asseriva corrispondeva a verità.

Senza più esitare, Bertolino tornò in città. Colmo di rinnovato fervore, per la terza volta il pio contadi­no raccontò quanto la Gran Madre di Gesù gli ave­va appena comandato, insistendo perché tutti salis­sero con lui in cima alla collina per verificare la ve­ridicità del suo racconto. Questa volta alle ingiurie si aggiunsero le percosse. Uno di loro, per meglio con­vincerlo a mettere giudizio, iniziò a percuoterlo con violenza, tra il divertimento dei presenti. Di tempe­ramento mite, Bertolino sarebbe stato sopraffatto se la Madonna non fosse intervenuta liberandolo dalle mani dello sconsidera­to, che rimase improwisamen­te paralizzato e muto.
Nella sala calò un silenzio assoluto: tutti compresero di essere stati testimoni di un evento soprannaturale e cia­scuno, nel proprio cuore, im­petrava il perdono per le offese arrecate all’innocuo contadi­no. Sgomento e smarrito il go­vernatore si affrettò a convoca­re il clero (arciprete, quattro canonici, il preposto dell’An­nunziata) e il popolo tutto per recarsi in solenne processione sul luogo indicato da Bertolino.

Il taglialegna, fiducioso nel­le promesse della Madonna e con il cuore colmo di gioia, gui­dò il corteo dal palazzo ducale al luogo miracoloso dove tutti poterono assistere trasecolati alla fantastica visione, chiara e distinta, della Vergine Maria, splendente fra fulgori di luce abbagliante.

Ma la Madonna aveva riser­vato loro un grande dono come prova tangibile e imperitura dello straordinario awe­nimento: alla base dell’olivo fece sgorgare una sor­gente d’acqua pura e fresca, a getto continuo, che esiste tutt’ora!

La notizia dell’apparizione, che pose fine alla pe­stilenza che aveva colpito l’intera regione, ma che aveva lasciato indenne il circondario di Giulianova, si sparse in un baleno. Un awenimento così straordina­rio attirò sul luogo una moltitudine di persone che giungeva da ogni dove per vedere l’ulivo miracoloso, per segnarsi con l’acqua della sorgente e per pro­strarsi in adorazione invocando misericordia, prote­zione e conforto.

Portato a braccia vi si recò anche l’aggressore di Bertolino, sinceramente pentito per il gesto insen­sato e proprio a lui, Maria Santissima dello Splendore volle fare la prima grazia ridonandogli, tra gli osanna dei presenti, l’uso della favella e delle arti­colazioni».

LE TRASFORMAZIONI DELLA CHIESA

A tutt’oggi non si conosce con esattezza l’anno di fondazione della Cappella originaria, né se i monaci celestini fossero già presenti nel luogo. Comunque, tenendo la data dell’apparizione al 1557 (anticipata da alcuni ai primi del Cinquecento o, addirittura, alla fine del Quat­trocento), sappiamo che intorno alla metà del Seicento nella chiesa-santuario furono fatti interventi migliorativi patrocinati dal duca Giosia Acquaviva.

In seguito si registrano altre trasformazioni, alcune delle quali, nel Novecento, possono essere documenta­te con testimonianze fotografiche del tempo.

Nella foto riportata si notano dei particolari interessanti:
• la strada di accesso al santuario è appena abbozzata;
• il portone “grande” è l’ingresso dell’edificio monastico per accedere ai primi due piani abitati dai frati;
• la facciata del santuario ha un piccolo “pronao” per la sosta dei pellegrini e dei devoti.
• la torre campanaria non è incorporata al limite sinistro del vecchio edificio.

La foto dell’interno documenta com’era la piccola chiesa del santuario prima, degli ultimi interventi trasformativi:

• l’altare maggiore è ornato dai due santi protettori dei monaci: San Pietro Celestino e San Benedetto;
• una bella balaustra in ferro battuto separa il presbiterio dal corpo della chiesa;
• sono ben visibili due dei quattro altari laterali dove erano esposte le tele di Giacomo Farelli.

Qui sotto si riporta il disegno-progetto della facciata e dei portici laterali, realizzati in seguito a metà del Novecento: prima l’ala destra dell’edificio dov’è l’ingresso al convento, in seguito l’ala sinistra e una sala adiacente la chiesa.

L’esecuzione totale del progetto ha cambiato dalle fondamenta la struttura esterna e interna dell’edificio sacro, come documentano le foto che seguono.

In questa foto è ben visibile una trasformazione strutturale con l’aggiunta di un corpo di fabbrica a sinistra: il campanile è totalmente incorporato.

Altra trasformazione riguarda la facciata della chiesa, con la rifinitura del timpano e della fascia sottostante.

Con gli interventi di recupero e di valorizzazione di tutto il com­plesso Convento Santuario, è sta­ta restaurata anche la facciata della chiesa riportata al nudo mat­tone.

Nell’anno giubilare 2000 il tim­pano della facciata ha accolto un bel mosaico, La Trinità glorifica la Beata Vergine, a significare la divi­na sorgente da cui promana lo splendore di Maria.

ARTE NEL SANTUARIO

• Un piccolo ma pregiato crocifisso ligneo, molto curato nei particolari; restaurato recentemente, è collocato nel presbiterio per le celebrazioni liturgiche.
• Un bell’organo della Ditta Mascioni, restaurato nel 2001 e reso più ri­spondente alla volumetria della chiesa con 1. 700 canne e due consolle: l’originaria in cantoria, l’altra a tre tastiere in chiesa.
• Nei due altari laterali devote statue del Sacro Cuore di Gesù e di San Francesco.
• Come si conviene a un luogo francescano, le immagini di San Francesco (altare laterale), di Santa Elisabetta d’Ungheria terziaria, e di San Pio da Pietrelcina – in artistica produzione lignea di K. Perathoner (Bolzano) – vogliono richiamare l’amore di Dio e del prossimo.
• Una piccola statua di Santa Scolastica nella cappella attigua al presbiterio con mosaici ricorda la secolare presenza dei Celestini nel santuario.

VIA CRUCIS

Fino al 1990 era una stradina comunale a fondo breccioso, che ad ogni piccola pioggia diventava un canale di raccolta di acqua piovana.

Con il recupero e la valorizzazione di tutto il complesso e delle adiacenze, quella stradi­na di circa 450 metri, che da Via Montello sale al Santuario, è stata allargata, pavimentata e ornata di verde.

È stata inoltre impre­ziosita da una monumentale Via Crucis.

La generosità di devoti, che hanno voluto lasciare un segno della loro pietà al Santuario e alla città di Giulianova, ha consentito di realizzare un’opera d’arte, oggetto di ammirazione e sorpresa per i numerosi visitatori e pellegrini che salgono da Giulianova Lido o vi scendono passando per il Santuario.

I tesori di santa Madre Chiesa

Non a caso, Dio che è “l’Amore” e  bellezza infinita per eccellenza, è senza ombra di dubbio il più grande ispiratore delle più grandi opere d’arte al mondo. E se pensando a come dei semplici blocchi di marmo sono diventati ad esempio opere come il Cristo Velato e la Pietà di Michelangelo si può provare a immaginare la fede dei dei suoi autori. Quanto stupore ha saputo suscitare nelle mani d’uomo il figlio di Dio?

Santa Madre Chiesa ha un incredibile patrimonio di opere d’arte che avvicinano l’anima dell’uomo a Dio. Ogni martedì pubblicheremo uno di questi patrimoni.

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